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Mina
CHI fa pronostici nel calcio, sbaglia settanta volte sette:
e io mi ostino a fare i pronostici; vedete mo' che brutto
carattere è il mio». Così scriveva Gianni Brera. E
io che ho in comune con lui soltanto, purtroppo, il brutto
carattere, mi azzardo...
Mi sembra impossibile che possa ripresentarsi un dentista
coreano proprio là, in Corea, a rovinarci la festa. Ahi,
che brutto ricordo! Quel dentista, che in realtà era un
istruttore di ginnastica con lo strano nome di Pak Do Ik,
sbucato a trapanarci in Inghilterra nel 1966, chi lo
dimentica? Attraverso la storia rotonda del gioco più
sublime del mondo, emergono episodi fissati nella memoria
collettiva, eventi epici o tragici.
Baggio sul dischetto del rigore, emulo inglorioso di Donadoni
prima e di Di Biagio poi, la mano di Dio che tifa
Argentina e accompagna la palla, Rossi che trova la
porta con la facilità di un sorso d’acqua, l’urlo di Tardelli
e lo sguardo vagamente assente di Altobelli dopo il
3-0 alla Germania. Una nuova forma di epica, forse, per noi
che abbiamo ancora bisogno di eroi. O per lo meno, epichina,
per chi non vuole smettere di aver voglia di sognare.
Ma il passato non serve ai vaticini. La palla non segue la
storia. E nemmeno la logica. I blasoni conquistati sul
campo, le graduatorie di merito e i tassi tecnici sono
incommensurabili con la palla. E così non basta avere dalla
propria Richelieu, Cartesio, Ravel, Platini e il tronfio
Chirac per avere ragione di una nazione di cui si ricorda
solo il poeta Sénghor, il 145° posto nella classifica dei
paesi più sviluppati del mondo, e da ora anche Bouba Diop.
Che gioia! E noi? Mi vien da ridere a sentire i megatrattati
sull’opportunità di un 4-4-2 di stampo classico-italico
con la possibilità di retrocedere Totti a seconda
punta. Come se si dovessero risolvere i problemi del
disarmo, della flessibilità del lavoro e della Palestina.
Ma noi siamo così, inguaribili parolai del nulla. Tanto la
palla se ne frega delle parole. Cari, infaticabili
rompiballe! Non vedete come siamo concentrati ed abbracciati
durante l’inno? Siamo tranquilli.
E poi il passatempo che ci volete infliggere deve servire
per poco tempo. Fra un po' comincia un’altra partita e
all'ora di pranzo un’ altra ancora e domani ce ne sono
altre quattro. Evviva.
Se il calcio ci piace, malgrado tutti i tentativi di
rovinarlo, è perché è ancora un modo incantato e
incantevole per stare insieme, per divertirsi, per lasciare
alle spalle l’insoddisfazione e la ruggine. Senza tanti
discorsi.
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