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Mina
Chissà
dove sono finiti quei centrini. Bianchi, di cotone
perlé, finissimi e di un classico, tradizionale buon gusto.
Me li aveva portati al mare, a Forte dei Marmi, una estate
di tanti anni fa. Li aveva fatti sua madre espressamente per
me e lui, fierissimo di quel piccolo talento della mamma, me
li consegnava descrivendoli minuziosamente: «Guarda qui,
guarda lì, vedi come gira il punto in questa ansa, vedi il
pippiolino». Sembrava che anche lui ne sapesse di crochet.
Faceva
un caldo infernale, ma lui non aveva rinunciato alla
giacca con cravatta, come si fa quando si va in visita da
una signora. Un tè, due pasticcini, non la bevanda fresca,
che sarebbe stata più appropriata alla giornata feroce, ma
che era, forse, un po’ volgare. Due parole cordiali,
affettuose, senza ombra di pettegolezzo e poi si allontana
nel giardino con quella figurina magra, diritta e composta,
come un bambino che, in collegio, torna in camerata dopo la
visita dei parenti.
E’
stata l’ultima volta che ho visto Nunzio Filogamo.
Qualche tempo prima era venuto in una trasmissione tv dove
c’ero anch’io e mi sembrava sperduto in mezzo a tutta
quella gente che sapeva di non riuscire a controllare, lui
così abituato a un modo di fare che stava, purtroppo,
scomparendo.
Educato,
gentile, correttissimo, attento ai particolari nel vestirsi,
«perché un signore si vede subito da quello, dal primo
impatto», dotato di una misura addirittura eccessiva, mai
una pacca sulla spalla, magari un baciamano, teneramente
impacciato nella esposizione dei nomi dei cantanti che
doveva presentare, quasi volesse evitare di entrare troppo
in confidenza. «Signore e signori buonasera, buonasera
ovunque voi siate». Allora sorridevamo, non sapevamo dove
saremmo andati a finire.
Non
voglio dire bei tempi, perché belli, forse, non erano,
ma la lezione di forma, di stile l’abbiamo proprio persa
per strada. Era una Italietta più piccola, più credulona,
più ingenua, più disinformata, ma più amabile, più
rispettosa. Da là uno scivolone lungo anni, un toboga sul
quale si è mischiato tutto, non
si capisce più chi fa cosa, il pressappochismo
dilettantistico regna sovrano e noi tutti contenti.
Chissà,
lui avrà guardato i nostri giorni con un trattenuto
raccapriccio, senza far trasparire granché, perché le
opinioni personali vanno confessate soltanto agli intimi.
Meglio non dimenticare. Sì, facciamo pure finta che adesso
siamo più liberi e, addirittura, che ci divertiamo di più,
ma è meglio non dimenticare che noi siamo stati quella
gente. Sorridiamone pure, ma con un grande senso di fierezza
e di ricchezza che nessuno può più toglierci.
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