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Il sottile piacere del nulla



Forse solo in ciò che profuma di nulla si può avere la sensazione dell’infinito.

MINA

Siamo noi i deficienti, non la tv. Come al solito, è la persona, e non lo strumento, che può essere definita da un aggettivo che ne identifichi la qualità. Non ho potuto resistere, in questi giorni. Mi spuntava un piccolo sorriso sul lato destro della bocca, nel leggere le spiegazioni non richieste degli zelanti esegeti della signora Franca. «Deficiente», dal latino «deficere», e cioè «mancare». La televisione mancante. De che? Di cultura, di impegno, di stile. Ma certo...

E quelli che stanno dall’altra parte, i teleutenti, sempre e comunque considerati come i perfettissimi esponenti di un’umanità figlia di una stirpe semidivina, come dei macrocefali impegnati in raffinatezze culturali, ma costretti a subire le perenni aggressioni di una scatola vuota e stupida. Ma sarà poi vero che gli italiani siano una specie di accademia sapientissima, assediata dalla deficienza di uno strumento che penetra nelle case con il semplice click di un telecomando?

In realtà, il giochetto è scoperto. Lo strumento deficiente non ha più bisogno di costruire gli artifici. Ormai gli è sufficiente accogliere a braccia aperte tutta la spazzatura umana che sgomita per essere guardata. Basta uno zapping per rendersene conto: il concetto di spettatore appartiene alla preistoria televisiva. Finita l’epoca dei guardoni, ora dominano i guardati, affetti da una iconomania d’accatto. Come quella ragazza che martedì sera, dopo aver finto un’improbabile storia d’amore con un’altra donna, gongolava dicendo: «Sono contenta, sono stata in tv, adesso sono più famosa ed è quello che volevo».

Lo confermano anche le indagini: si cerca di partecipare ai quiz non per soldi, ma per avere un riflettore addosso. E per questo si è disposti ad appollaiarsi nella vetrina di un negozio e a farsi riprendere da una (neanche più di tanto) candid camera. Forse è anche vero che c’è un rapporto di causa-effetto. Forse la beozia polimediatica, a furia di rovesciarsi nell’iride e nelle teste, ha realizzato in modo definitivo la sua opera di cerebrolesione. E ora la tv deficiente vive di rendita.

Dopo anni di subdola e delinquenziale liposuzione del cervello, si è attuata la creazione di una nuova umanità, con le sinapsi azzerate e l’intelligenza rottamata. La stessa umanità che ora smania per entrare nella scatola deficiente che l’ha resa deficitaria. Altro che tv deficiente! Qui ormai siamo al sottovuoto spinto. Confesso, però, che la televisione del nulla è bellissima. Sono pervasa da un godimento sottile nel lasciarmi sommergere dal nientismo cafonico e catodico.

Quelle bordate di nulla mi deliziano. Non so perché, ma sono giunta alla conclusione di non essere più spaventata dall’«horror vacui». Anzi, occorrerà dedicarsi a nuovi studi di antropologia per studiare le cause dell’«amor vacui». Per capire come mai quel leggero flusso evanescente, che vedo fuoriuscire dallo schermo, sia fonte di piacere. Forse solo in ciò che profuma di nulla si può avere la sensazione dell’infinito.
 

Mina
L
a Stampa,  24 novembre 2001

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