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Il talento per l'ozio

 

A proposito della vacanze

MINA

E’ finita o sta finendo. Meno male. Ci vuole talento per non far niente, per stare in vacanza. Piccola pensione anticipata durante la quale, ciclicamente, ci rendiamo definitivamente conto che ci manca moltissimo il nostro rassicurante panorama al quale torniamo stravolti, più stanchi di prima. Ci vuole talento.

Sulle sdraio al mare o sui sentieri di montagna, abbiamo lo stesso sguardo che non si appoggia da nessuna parte, tipico dei vecchietti pensionati seduti sulle panchine delle nostre città. Guardano magari un laghetto coi bambini che giocano con una barchetta e sembrano avere lo sguardo di chi sta per perdere la vista.

Chi non ha talento per non far niente è assediato dall’«horror vacui». E allora ci troviamo tutti ammassati a fare le stesse cose, illudendoci che siano scelte soggettivamente da ciascuno di noi. Ci dà sicurezza il gomito a gomito, con cui riempiamo il terrore della solitudine. Il volgo, spaventato dal silenzio, è attratto dalla confusione ribattezzata col nome di divertimento. Solo nella solitudine ci si rende conto della vacuità dei luoghi comuni.

E invece anche quest’estate si è ancheggiato per ore sulle spiagge, al ritmo tribale della musica latina, incalzati dal battito a mani sollevate dell’animatore di turno. E quando le gambe non reggevano più, ci si adagiava sotto l’ombrellone, dove subito venivamo riportati alla socialità dal casuale vicino di sdraio. Il quale si sentiva in obbligo di risucchiarci in sproloqui sciapi, in cui vomitava parole in continuazione... fino a quando trovava qualcosa da dire.

Non siamo capaci di restare senza padroni. L’uomo moderno, che non si sente mai così libero ed individualista come quando fa le stesse cose che fanno tutti, è la monade impazzita di una società atomizzata. In cui la presunzione della libertà si accuccia, prona di fronte al padrone di turno, che può chiamarsi indifferentemente Stato o capoufficio, editorialista opinion-maker o disc-jockey di tendenza, ideologia o personal trainer, moda o animatore turistico. Massificati per essere più isolati e soli, e quindi più vulnerabilmente dominabili. Si torna, dunque, a ciò che in definitiva non si è mai lasciato. A un attivismo che è stato solo sostituito dal caos, beatamente scelto e coccolato. Ci si rituffa in una normalità sostanzialmente mai interrotta, che in vacanza è stata solo un po’ meno vincolata da orari e da regole. Anche quest’estate l’animale che ruggisce in ciascuno di noi ha scatenato i suoi tenebrosi appetiti. Ora, un po’ più irreggimentati nelle città che riprendono il loro solito corso, lasceremo libera la bestia interiore in forme apparentemente più civili, magari davanti ad uno schermo televisivo, con il clacson della nostra macchina o nei cori allo stadio.

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L’uomo ha bisogno di vivere indaffarato. Niente di peggio dell’ozioso che non è nato per essere tale. Una vita oziosa che riesca a tenere lontane noia, rozzezza, crudeltà è tanto ammirevole quanto rara» (Gomez Davila). Ci vuole talento anche in vacanza.


La Stampa, Sabato 18 Agosto 2001

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