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L'odio di casta uccide l'amore

 

In nome di niente e di nessuno un amore può essere interrotto. Maledetto chi costringe e uccide sventolando stendardi ideologici.

MINA

Adesso saranno convinti d’aver fatto la cosa giusta. Per mantenere inalterato il ritmo ancestrale delle caste e delle metempsicosi. Per impedire che l’amore sconvolgesse l’ordine implacabile delle differenze sociali. Nel Nord dell’India i genitori di Vishal e Sanu, due giovanissimi fidanzatini indiani, hanno oltrepassato la soglia che portava i Montecchi e i Capuleti a contrastare l’amore tra i loro figli. Non solo un esplicito divieto. Non solo un’opposizione che derivasse da un’enfasi del proprio livello sociale. Addirittura una decisione irrevocabile, che mettesse fine per sempre ad una «vergogna». L’azione più orrenda che un uomo possa fare si è perpetrata secondo la legge insensata delle caste. Braccati come bestie, picchiati, trascinati su un tetto bene in vista sulla piazza del paese e impiccati. Come su un altare che consacrasse per sempre a quale livello di assurdità possa portare l’imprescindibile logica dell’appartenenza a caste diverse.

Maledetta la certezza, maledetto il pregiudizio, maledetta la ragion di Stato. In nome di niente e di nessuno un amore può essere interrotto. Maledetto chi costringe e uccide sventolando stendardi ideologici. Non si può capire. Morire d’amore può essere consapevole scelta che estenua fino a estreme conseguenze il rapporto che lega due persone. Ma l’amore di Vishal e Sanu non è morto: è stato fatto morire.

Il significato profondo dell’amore è stato sventrato da chi, illudendosi di ricomporre un ordine sociale, ha dato spazio alla disarmonia della violenza, che poggia le sue presunte ragioni sull’intangibilità di leggi e credenze degli uomini. Ai figli è stato sempre fermamente imposto di onorare il padre e la madre. Strano, la parola «amare» non appare. Non è necessario, invece, imporre alla madre l’amore nei confronti di chi, al di là della ragione, ha portato e porterà sempre dentro di sé.

Eppure tutto questo non è così ovvio. Non è solo il sonno della ragione a generare mostri, come scriveva Goya. I mostri nascono dentro l’apparente copertura delle convenzioni, delle usanze, delle tradizioni inattaccabili. In un mondo che si vanta di accorciare distanze galleggiano ancora imperterriti oscurantismo, fondamentalismo e beceri pregiudizi sull’altare dei quali si sacrificano, volontariamente o colposamente, milioni di vite.

L’amore per un figlio, almeno questo, ci fermi la mano omicida, ignorante e incolta, povera e convinta.


La Stampa, Sabato 11 Agosto 2001

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