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MINA
Ogni
nascondiglio è identificabile, ogni sorpresa è
prevedibile, ogni segreto è smascherabile. Quelle poche
decine di bambini che ancora sapevano giocare a nascondino o
a mosca cieca non potranno più farlo. Le nuove tecnologie
sono ormai in grado di smascherare ogni pretesa di
nascondimento, riducendo a zero le possibilità di
occultarsi. Pollicino non avrà più bisogno delle
mollichine per farsi trovare e Orfeo, sceso agli inferi, può
ritrovare senza troppa fatica l’amata Euridice.
La
comodità o la scocciatura di essere sempre reperibili
è una medaglia con il suo inquietante rovescio. Ce l’ha
svelato giorni fa il garante per la privacy, Stefano Rodotà:
«In Italia si inviano 30 milioni di messaggi SMS
al giorno. I dati di traffico conservati dalle società
telefoniche sono oltre 100 miliardi, consentono di
ricostruire l’intera rete delle relazioni personali,
sociali ed economiche di ciascuno di noi per i passati
cinque anni». E’ pur vero che molti messaggini sono solo
una valanga di svenevolezze amorose, sdilinquimenti
adolescenziali o incazzature telematiche. Che non cambiano
la storia. Ma che possono essere conservate. Da un non
troppo ipotetico «Grande Fratello», che ci tiene al
guinzaglio, ci scruta e ci tasta il polso. E’
come se avessimo tutti addosso una sorta di braccialetto
elettronico capace di smascherare ogni nostro affetto o
relazione che incanaliamo in quel videogame
un po’ più evoluto che è il telefonino. Ma il furto del
nostro privato non finisce qui. In America è già in fase
di sperimentazione un microchip inserito nel cellulare che
permette di individuare in ogni momento il luogo in cui si
trovi il possessore. E la British Telecom sta lavorando alla
realizzazione di uno speciale chip, l’«acchiappa-anime»,
che può tradurre in linguaggio digitale i messaggi inviati
dagli occhi al cervello e consente di archiviare tutte le
immagini viste da qualsiasi uomo nel corso della propria
vita. Che paura! Inutile chiedersi come e perché siamo
arrivati a tanto.
Ci
scandalizziamo che il «Grande Fratello» ci osservi. Ma poi
ci ritroviamo, soprattutto d’estate, a guardare dal buco
della serratura della stampa scandalistica, per riversare le
nostre attenzioni gossipivore verso le tettone vere o
rifatte delle attrici o per illanguidirci dietro
l’ennesima love story, iniziata o finita. Ce
lo siamo meritati questo contrappasso.
Rodotà
sembra un bravo ragazzo che protegge bambini indifesi,
minacciati da sconosciuti. Ma non dice chi siano gli
sconosciuti, cosa vogliano fare, né perché. E soprattutto
non dice come lui possa intervenire. Nel metterci in
guardia, a metà strada tra potere e impotente
arrendevolezza, ci spaventa e tutto finisce lì. E allora
siamo costretti a scandalizzarci contro ignoti, costretti a
conoscere sempre solo a posteriori gli effetti di una
tecnologia invadente e pericolosa. Ma giriamo la frittata. Dobbiamo
ammettere che siamo noi che usiamo indiscriminatamente e
beceramente tutto ciò che ci viene dato in pasto e, con i
nostri comportamenti, indichiamo i futuri
veri o falsi bisogni che il progresso tecnologico può
soddisfare.
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