|
MINA
Oltre 30
milioni di
italiani hanno già prenotato il loro imminente periodo
di vacanza. Con molta fatica presto fede a queste
statistiche, che partono dalla pretesa di contare e
schedare i nostri gusti, pensieri, desideri, e poi li
ghettizzano nel bugigattolo dei numeri e delle
percentuali. Ma prendiamole per vere. E allora
immaginiamoli, questi vacanzieri, a lisciare con lo
sguardo le vetrine delle agenzie turistiche, che
irretiscono gli occhi con poster di Isle Bonite e di
paradisi tropicali con sabbie farinose e palma di rito,
oppure a surfare su Internet alla ricerca delle offerte
migliori.
O
magari, più
semplicemente,
telefonare alla pensioncina romagnola dove l’anno scorso
si son trovati così bene, a 60 mila lire al giorno,
tutto compreso. Per chi la vacanza non se la può
permettere si preannunciano le attività ricreative nelle
serate urbane. A meno che qualcuno, in un lampo di
follia, decida di riproporre a Milano o a Roma l’idea
già realizzata a Parigi, dove è stato aperto un Club Med
World, un locale che fa il verso a un qualsiasi
villaggio turistico. In una vita sempre più virtuale, si
può anche decidere di fingere una vacanza in città.
Arredato come un locale da fumetto di un’isola sperduta
dei Caraibi, vi si possono celebrare tutti i rituali
della vacanza esotica: bere un succo alla
papaya,
mangiare sushi, farsi fare un massaggio shiatsu, fare
shopping comprando merchandising Club Med, sfogliare
riviste di tutto il mondo o distrarsi con uno spettacolo
live in un enorme dancing. E magari combinare anche
qualche avventura sentimentale, se no che cosa si
racconta agli amici quando si «torna» in città?
In ogni caso si vuole
fuggire. Dal lavoro, dallo
studio, dalle incombenze fastidiose. Da una vita che ci
siamo sempre più costruiti come una gabbia, dove siamo
rinchiusi con tutte le nostre piccole e grandi
insoddisfazioni. Legittima aspirazione la fuga, per
carità. Ma la vera condanna consiste nel fatto che
la fuga non esiste. Non può esistere. «A che giova
attraversare i mari e andare di città in città? Se vuoi
sfuggire dai mali che ti angustiano, non devi andare in
un altro luogo, ma devi essere un altro uomo». Così
Seneca si rivolgeva a quei suoi contemporanei che,
annoiati dalla vita banale di Roma, si dirigevano nei
territori boscosi della Lucania o verso il clima mite di
Taranto. «Questo vagare qua e là senza meta non ti darà
alcun vantaggio, poiché viaggi con le tue passioni e i
tuoi vizi ti seguono».
A meno di riuscire a dare
le dimissioni dalla vita stessa, non è possibile fuggire
totalmente. Anche perché una vera fuga dovrebbe
prevedere la perfetta conoscenza di ciò che si cerca
come alternativa. O la disponibilità ad accettare una
nuova possibilità per la propria vita. Come scrisse
Montale:
«Prima
del viaggio si è tranquilli ma si
sospetta che
il saggio non si muova e che il piacere
di ritornare costi uno sproposito.
E poi si parte e
tutto è O.K. e tutto
è per il meglio e inutile.
E ora
che ne sarà
del mio viaggio?
Troppo accuratamente l’ho studiato
senza saperne nulla. Un
imprevisto
è la sola speranza. Ma mi
dicono
ch’è una stoltezza dirselo».
|