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Salvadanai salvavita

 

Uno dei modi per celebrare i più degni funerali ai nostri spiccioli defunti (la vecchia liretta) sarà quello di infilarli in appositi megasalvadanai per finanziare progetti per la ricerca sul cancro.

MINA

I funerali della vecchia lira saranno celebrati all’inizio dell’anno prossimo. I nostalgici ne seppelliranno qualche esemplare nel fondo di un cassetto. I più previdenti le consegneranno agli sportelli delle banche. Ma per questa epocale occasione di cambiamento si annunciano già le infinite forme del genio italico, che si stravaganzerà in mille iniziative. Uno dei modi per celebrare i più degni funerali ai nostri spiccioli defunti sarà quello di infilarli in appositi megasalvadanai, dislocati strategicamente in decine di migliaia di luoghi pubblici. Cos’è il genio! Si eviteranno fastidiose scocciature agli addetti al cambio, sicuramente sovraccarichi di lavoro, e si potranno finanziare progetti per la ricerca sul cancro.

Una ghiotta occasione per mostrare la generosità della razza italica, oltre all’ennesima forma per esternare la nostra furbizia. Sarà impossibile non imbattersi in circa 70.000 contenitori, in cui si prevede che andranno a finire 70 miliardi di nostre lirette. E alla nobile corsa per la solidarietà non ci si potrà sottrarre: già prevedo tutta la promozione pubblicitaria che punterà a far sentire una schifezza umana chi farà spallucce o volterà la faccia dai megasalvadanai anticancro. Fin qui tutto bene, ci mancherebbe altro. Ma alla luce degli esiti scandalosi di altre lodevoli iniziative (Missione Arcobaleno docet), qualche domanda è lecito porsela, a costo di rischiare l’accusa di cinismo. Vorrei che questa raccolta andasse a buon fine e che i salvadanai debordassero fino alla fessura.

Ma poi come si rispetteranno le nobili intenzioni di tutti coloro che vi avranno aderito, animati solo dalla sincera volontà di dare una mano alla ricerca contro il cancro? Quando aprivo periodicamente il mio vecchio salvadanaio, fingendo ogni volta che fosse troppo pieno per aspettare ancora, mi chiedevo se le cento monetine dovessero essere spese per mille gigiolini o per due dischi e tre libri. Analogamente ci si deve domandare a quanti e a quali progetti si devolveranno questi fondi. Chi li controllerà? Chi verificherà che i progetti di ricerca diano risultati concreti? L’Italia ottiene dall’Europa pochi finanziamenti per la ricerca scientifica. I rigorosi sistemi di controllo imposti dagli organismi comunitari ci trovano impreparati, al punto che non riusciamo a proporre progetti credibili.

Se invece si intende gestire tutta la ricerca a livello nazionale, c’è il fondato rischio che la grande massa di denaro, offerta dalla generosità degli italiani, si disperda in mille rivoli clientelari, andando a finanziare progetti riciclati o gestiti da approfittatori che magari hanno titolo, ma non capacità effettive. E chi controllerà i risultati? Allo stato attuale, il problema è irrisolvibile, perché in Italia chi si sente controllato o si ribella contro quella che ritiene una limitazione della propria libertà, oppure trova subito una strada per svicolare dal controllo. Nel paese dei santi, poeti e navigatori sarebbe troppo chiedere la normalità.


La Stampa, Sabato 5 Maggio 2001

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