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Il ragazzo salvato da un'addizione

 

Chi sbaglia deve avere la possibilità di trovare opportunità di riscatto. La condanna comminata al ragazzo fu quella di imparare a leggere, a scrivere. 

MINA

Di punizioni e contrappassi è pieno l’Inferno dantesco. Le colpe terrene gravano su anime colpite da castighi che mettono a dura prova ogni umana sopportazione. In quei gironi non c’è via d’uscita alla colpa, che deve macerarsi in un castigo corrispondente e così espiarsi nell’adeguata pena. Ma quel Dio che «tutto puote» è maggiormente espresso nella luce misericordiosa del Paradiso, che è il vero luogo dell’Essere. E l’amore vince qualunque ragione Dio abbia per punirci e per schiacciarci. Forse, però, abbiamo ridotto questa logica ad una finzione letteraria o alle consolazioni religiose. Sappiamo che la realtà viaggia su altri binari.

E assistiamo impotenti ad una giustizia umana che, il più delle volte, si accanisce contro i deboli, si incancrenisce nelle lentezze esasperanti della burocrazia e mostra tutta la sua tragica e ridicola inefficienza di fronte ai reali massacri di vita e di dignità umana. Ma un giudice spagnolo ha scelto un’altra strada, forse quella giusta. Un quindicenne di Granada venne arrestato lo scorso anno per aver partecipato a un furto. Quando il caso arrivò nelle mani del giudice dei minori, Emilio Calatayud, ci si rese conto che il ragazzo non sapeva né leggere né scrivere. Il giudice dichiarò: «Non si può punire chi non ha mai avuto la benché minima istruzione. La società non può imporre una responsabilità penale a chi è vittima della società. Ci sono casi di reale ingiustizia sociale a cui si può trovare rimedio con misure diverse da quelle semplicemente punitive».

La condanna comminata al ragazzo fu quella di imparare a leggere, a scrivere, ad eseguire operazioni aritmetiche, entro sei mesi. Venne affidato ad una scuola di formazione edile al mattino e a un corso di istruzione elementare al pomeriggio. L’insegnante che ha seguito il quindicenne ha potuto constatare un grande impegno e un’attitudine alla lettura. Martedì scorso il ragazzo è comparso davanti al giudice, che ha potuto verificare la buona capacità di lettura, di scrittura e di calcolo. L’unico neo è che il ragazzo ha imparato solo le addizioni, ma la prova è stata superata. E’ stata spezzata la logica ferrea del delitto e del castigo. In questo fatto Cesare Beccaria, il primo teorico dell’inefficacia di una pena intesa come mero strumento di vendetta, troverà conferma del valore redentivo della punizione.

Chi sbaglia deve avere la possibilità di trovare opportunità di riscatto. La colpa è sempre personale, ma la società non può illudersi di rinchiudere il male nella disperazione delle galere. Ne danno prova quotidiana e silenziosa quegli eroici uomini impegnati nel recupero dei tossicodipendenti, degli alcolisti, delle prostitute. E dalle ceneri di un’umanità distrutta può emergere il volto nuovo di un bene nascosto.

Scrisse T. W. Adorno nel suo splendido «Minima moralia»:

«La verità è inseparabile dall’illusione che un giorno dalle figure e dai simboli dell’apparenza possa emergere, nonostante tutto, libera da ogni traccia di apparenza, l’immagine reale della salvezza».


La Stampa, Sabato 28 Aprile 2001

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