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Se l’uomo diventa orco

 La soglia della Malvagità

MINA


CHI è un malvagio?

L’ingenuità che ci difendeva l’anima da bambini ci faceva credere che gli orchi esistessero solo nelle favole.

Ci ha pensato poi la vita a spazzar via le illusioni e non abbiamo fatto fatica a renderci conto che il finale delle fiabe era spesso solo un palliativo consolatorio, in netto contrasto con la schifezza in cui sguazza la nostra umanità. Ma anche se quell’ingenuità si è trasformata in cinismo, anche se siamo presi da un bisogno irrefrenabile di rassegnazione e dalla voglia di dare un calcio a tutte le soluzioni e strategie, non riesco a far finta di niente.

Vi riporto un fatto ignorato dai più.

Capita in Tanzania, ma è come se accadesse dietro casa. Uno stregone sostiene d’aver provocato un gravissimo incidente stradale dove son morte una trentina di persone, al solo scopo di procurarsi pelle da vendere. Sul luogo del disastro quel guaritore si prodigava a raccogliere teste e altre parti dei corpi delle vittime: con la pelle si fanno scarpe e la carne viene utilizzata in macabri rituali per propiziare la buona sorte. La degna conclusione dell’indegna vicenda è stato il linciaggio dello stregone da parte della folla inferocita.

Le ideologie di morte del secolo scorso avevano offerto la giustificazione al male.

Si poteva squartare un ebreo come un corpo su cui sperimentare nuove tecniche eugenetiche. E, dopo aver usato la pelle per farne abat-jour, il resto finiva in saponette. Solzenicyn ha fissato in «Arcipelago Gulag» gli orrori compiuti su alcuni condannati russi che, negli Anni 20, erano dati vivi in pasto alle bestie dello zoo. In quell’epoca di carestia non si poteva strappar il cibo di bocca alla classe lavoratrice, per darlo agli animali. E allora si ricorreva alla carne disponibile dei «nemici del popolo» che dovevano morire. Oggi, forse, non è più l’ideologia a giustificare l’orrore.

Ci sono altre molle, l’ignoranza, il denaro, a volte la noia. O forse non c’è altra ragione che sostiene il male, se non il vuoto assoluto.

Vorrei che i «maîtres à penser», capaci solo di sviscerare le sottigliezze della politica, uscissero dal Palazzo e mi spiegassero quel che succede all’uomo. Aspetto, anche se so che non risponderanno.

«Solo ciò che avviene dentro il Palazzo pare a loro degno di attenzione e di interesse: tutto il resto è minutaglia, brulichio, seconda qualità. Essere seri significa occuparsi dei potenti. Dei loro intrighi, delle loro alleanze, delle loro congiure; e, infine, “anche”, del loro modo di interpretare la realtà che sta fuori dal Palazzo: questa seccante realtà da cui tutto dipende, anche se è così poco elegante e, appunto, così poco serio occuparsene» (Pasolini).

Solzenicyn ha cercato di rispondere:
«L’uomo oscilla tutta la vita fra il male e il bene, scivola, cade, si riarrampica, si pente, si ottenebra nuovamente, ma fino a che non ha varcato la soglia della malvagità, il ritorno rimane nelle sue possibilità. Quando invece, per la densità delle azioni malefiche, o per il loro grado, l’uomo oltrepassa d’un tratto quella soglia, esorbita dall’umanità. Forse senza possibilità di ritorno».

Forse.

La Stampa, Sabato 14 Aprile 2001

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