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Rimpiango i miei "tollini"

A proposito di un videogioco che ti comanda completamente. Lui decide quando, come e a cosa giocare.

MINA

I tollini.

In un sacchettino che assomigliava a quello che Robin Hood portava appeso alla cintura, custodivamo gelosamente i nostri tollini. Erano semplicemente i tappi delle acque minerali e delle bibite che anch’io, pur essendo un gioco più da maschietti, collezionavo e tenevo gelosamente nel mio sacchettino di fustagno color marroncino chiaro. Il gioco consisteva nel fare delle piste, dei circuiti per terra dove far correre i tollini spinti da colpetti dati con l’indice e il pollice, gli sperlenghini, insomma. In inverno, a casa, si disegnavano con il gesso i percorsi sull’asfalto, in estate era più semplice perché in vacanza, sulla spiaggia, si potevano preparare dei circuiti con le curve rialzate e con i bordi alti che accompagnavano e non facevano uscire il tuo tappino.

E c’era un bambino molto antipatico, che probabilmente era lo stesso d’estate e d’inverno, che si divertiva, astioso e invidioso, a rovinare il gioco. Schiacciava sotto il tacco il tollino riducendolo alla «non scivolanza» e alla «non rotolanza», oppure abbatteva a colpi di piede ignorante i curvoni di sabbia, frutto architettonico di manine battenti.

Chissà se qualche bambino ancora preferisce giochi e scenari così antichi e romantici a tutto quello che oggi offre il pazzesco mercato del divertimento. Non credo.

L’ultima novità è quella del videogioco che ti comanda completamente. Lui decide quando, come e a cosa giocare. Si chiama Majestic, costa circa ventimila lire al mese e ti costringe a comunicargli tutti i tuoi dati, la tua data di nascita, il tuo indirizzo, i tuoi numeri di telefono e di fax sui quali puoi venire chiamato a qualsiasi ora del giorno o della notte per iniziare un gioco che non conosci e che non sai dove ti porterà. Potrà simulare furti, attentati, cospirazioni contro la Casa Bianca e altre delizie del genere e tu devi correre al tuo computer, anche se stai facendo qualcosa di importante o di carino, e iniziare a seguire istruzioni per un viaggio quanto meno allucinante. Ci siamo.

Quello che sembrava solo un remotissimo incubo, l’antropomorfizzato computer che prende possesso della nostra vita, non solo è arrivato, ma addirittura ci piace, addirittura paghiamo perché si impadronisca di noi.

Mi sembrava che non avrei fatto in tempo a vedere il triste momento del non potere più mangiare o bere tranquillamente, in piena sicurezza, quello che volevo e invece ci siamo dentro fino al collo.

Mi sembrava che quello che ci mostravano certi film, magari anche molto interessanti, fosse soltanto pura, irrealizzabile fantascienza e invece eccoci qui, imbarazzantemente travolti da quello che, fino a un attimo fa, ci sembrava un incubo da allontanare.

Dove sei bambino molto antipatico?

Adesso mi serviresti davvero. Mi serviresti per provare a schiacciare sotto il tacco della tua scarpina questi giochi maleducati, tentatori, ossessivi, innaturali.

Il potere più intimo, il meno aggredibile, dell’uomo è la fantasia. L’unico, inattaccabile ambito di libertà per qualunque essere umano. L’unica libertà che si può gestire senza condividerla con nessuno, che si può godere senza che gli altri possano limitarla con l’invidia e il sopruso.

Perché, Neil Young, inventore del Majestic per l’Electronic Art, vuoi interferire nella nostra fantasia? Non sei nessuno, anche se usi mezzi potenti e attraenti! Adesso te lo dimostro. Nella mia fantasia costruisco un sistema che ti ruba tutti i soldi, tutte quelle ventimila lire al mese che bambini e adulti verseranno per la tua deforme intuizione. E mi ci compro milioni di tollini.

La Stampa, Sabato 31 Marzo 2001

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