S O C I E T A' |
Le
notti del sabato. |
MINA Noi lavoriamo a più di 100 decibel. Sono oltre quarant'anni, aiuto! che in sala di incisione registriamo, riascoltiamo e soprattutto missiamo a 110 DB. Non è il volume che ti stramazza, sono piuttosto le casse non in ordine. Ma se la potenza che sono in grado di mantenere è perfetta, se la natura del suono che possono riprodurre è rispettata e se sono check-uppate ciclicamente e correttamente, non c'è problema. E lo testimonia la salute mentale e psichica di tecnici, musicisti e cantanti che passano in sala la gran parte della loro vita. Oddio, c'è qualcuno che, per fortuna, è completamente pazzo, ma lo era già prima di mettere il piedino in regia. Ecco, ci sarebbe da esigere un controllo tecnico severissimo, questo sì. Non è lì il problema. Ci sono macchine che sul contachilometri portano come velocità massima 280 all'ora. Ma il nostro limite massimo non è 130? Per la popolazione della notte l'epoca della balia è lontana. E la mamma in divisa non è quello che un Paese libero dovrebbe accettare. Il male, come al solito, è più in fondo e le responsabilità risiedono altrove. Non voglio tirare in ballo le colpe dei genitori, già fin troppo puniti dallo sguardo desolatamente accusatorio dei figli: certo è che il vuoto spinto che si allarga sempre più, per quanto riguarda il futuro dei nostri ragazzi, è un dolore senza speranza. La politica, quando vuole ammantarsi di buonismo e finge di interessarsi alla concretezza della vita, si trasforma in una vecchia zia che profonde i suoi buoni consigli. Certamente non può che farci piacere sapere che sopra di noi c'è qualcuno che ci vuole tanto, tanto bene. Ma l'eccesso di protezionismo, che pretende di trattarci tutti come degli inabili puponi esposti ad ogni tempesta e quindi da preservare da tutti i malanni, rischia di trasformarsi in un annullamento della responsabilità individuale. Siamo, ormai, un Paese in mano ai consulenti legali, agli esperti di divieti, ai controllori. Un Paese dove si fa scempio di ogni briciolo di intelligenza personale. Però ci vogliono bene. E si preoccupano di dirci che cosa dobbiamo bere, come andare di corpo, che musica ascoltare, come vestirci e pensare. E questa schiera di tate, di baby-sitterone legal-militaresche è fatta da quei giovani che trent'anni fa urlavano contro ogni forma di autorità costituita. Vedendo i manifestanti che sfilavano nella Parigi del '68, Eugène Ionesco si affacciò dalla finestra del suo appartamento e, con geniale senso di preveggenza, gridò: «Diventerete tutti notai!». E questa, per chi spera in «una vita che non dormi mai», potrebbe essere una punizione più devastante del più grande progetto rivoluzionario.
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La Stampa, Sabato 11 Marzo 2000