Giovanni Paolo II: |
riflessione
nel giorno del 25.mo Anno di Pontificato di |
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di
Vincenzo La Gamba Può un uomo fare la differenza, un uomo solo? Si. Giovanni Paolo II! Quello che Karol Wojtila ha fatto in un quarto di secolo per la Chiesa, la Chiesa non lo ha fatto per tanti secoli. Quando, nel 1978, fu eletto Giovanni Paolo II, il governo della Chiesa attraversava una certa crisi. Ci si chiedeva se il Concilio potesse essere recepito attraverso il governo ecclesiastico e se questo stesso governo fosse in grado di affrontare i problemi della Chiesa. A distanza di 25 anni non va sottovalutato il lavoro che il Santo Padre ha fatto per la Chiesa, mettendola al primo posto rispetto all'istituzione ecclesiastica. Sta in questo il Suo grande merito. Difatti il principio fondamentale di Giovanni Paolo II è stato sempre quello della vitalità della Chiesa (quindi noi cattolici credenti), di una sua presenza al servizio del mondo. In sostanza Papa Wojtila non ha inteso riformare le istituzioni ecclesiastiche, accettando quelle di Paolo VI, che ne fu un grande fautore. Non è difficile percorrere i 25 anni di Pontificato ed elencare quanto ha fatto Giovanni Paolo II per la Chiesa. In un quarto di secolo è successo tutto e di tutto. Io desidererei soffermarmi su ciò che io fermamente credo sia il testamento scritto (il 6 Gennaio, 2001) da Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica "Novo Millennio Ineunte" e diretto al Suo successore, ai Cardinali e ai Vescovi tutti negli anni a venire. Un testamento che vuole essere la continuità del Papato di Karol Wojtila, ma non solo. Riproponiamo le parole di Gesù dirette a Pietro (Vangelo di Luca; 5,1:11) che fanno parte della suddetta Lettera Apostolica "Novo Millennio Inenunte": "Prendete il largo e calate le reti per la pesca", che in latino sono "Duc in altum". Come dire, io, Giovanni Paolo II, ho fatto la mia parte, siate voi miei successori di Pietro, i pescatori di anime nel terzo millennio. Ma, come sarà questo terzo millennio? Difficile ed irto di difficoltà come i millenni precedenti anche se la Chiesa sarà (come sempre) nuova e vitale. Può anche sorgere il dubbio che la Chiesa non si adegui al cambiamento dei tempi. Ovvero, dopo la morte di Giovanni Paolo II, è assolutamente necessario che per pescare bene bisogna calare le reti nella parte più profonda del mare. Il problema più immediato della Chiesa è la mancanza di vocazioni. Per un Papa come Giovanni Paolo II, che ha pronunciato o scritto, in circa quindicimila allocuzioni e documenti, più di diciotto milioni di parole, equivalenti a qualcosa come 22 volte l'intera Bibbia, non avere pescato abbastanza nel mare delle vocazioni è fondamentalmente non incoraggiante per la Chiesa futura. Ed è forse l'unica cosa in cui il Santo Padre non è pienamente riuscito, non certo per sua trascuratezza o negligenza. Lo stesso Papa riferisce che nella terza scena del Vangelo di Luca, subito dopo quella sopra descritta, Pietro, il leader dei Dodici, dice a Gesù: " Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla ; ma sulla Tua parola getterò le reti". È un tema ricorrente quello delle vocazioni, che Giovanni Paolo II ne ha moltissime volte parlato e scritto; vocazioni che riguardano da vicino seminaristi, sacerdoti e suore. Si fatica e a volte si pesca poco! È strano. Il Papa, che viaggia in tutto il mondo, che accoglie a sè milioni e milioni di fedeli radunati in cento angoli del globo, non attrae (e se attrae i numeri non sono confortanti abbastanza) i giovani e le giovani che devono intraprendere la vita sacerdotale o monastica.
Eppure, stando ai numeri, vi sono sulla carta più cattolici
di Romana Chiesa oggi che in passato. Essa ha raccolto a sè tanti seminaristi, che non sono divenuti preti. La Chiesa ha cercato di formare i giovani, ma non con eccellenti risultati. La Chiesa sta cercando di formare gli adulti per intraprendere la vita spirituale, ma non sono in molti a partecipare nei programmi imposti dalla Chiesa. È il prossimo Papa avrà più difficoltà di Giovanni Paolo II, l'uomo che da solo, in 25 anni di indefesso Pontificato, ha costituito la differenza. Lo ha fatto disarmando tutto e tutti, con le parole, gli appelli, l'esempio, l'amore, la carità, gli scritti ma soprattutto usando l'arma del perdono, il sacrificio e la grande sofferenza. Un vero Gesù Cristo in terra, che ha predicato l'amore sopra ogni cosa, che ci ha legati più vicino a Dio, che ci ha fatto comprendere come in un mondo, dove il male potrebbe sconfiggere il bene, tutti sono candidati alla santità con l'iniziazione del Battesimo, il sacramento che ci consente di avere la prima relazione con Dio. Molte volte Giovanni Paolo II ci ha raccomandato di "non avere paura", cosi come ha parlato Gesù ai Suoi Apostoli. E’ vero. La paura ci può paralizzare. La paura è un elemento dannoso per le vocazioni, che hanno bisogno del sacrificio e dell'abbandono a Dio. Se imitassimo Giovanni Paolo II, non avremmo paura anche per il futuro della Chiesa, perchè il Suo esempio, in un quarto di secolo, è bastato da solo a cambiare il mondo.
Come ha potuto? Lo ha voluto Dio, scegliendo, per nostro
gaudio, un Figlio prediletto. |
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Giovanni Paolo II:
«Riflessione nel giorno del 25.mo Anno di Pontificato di GIOVANNI PAOLO II.
"BASTA UN UOMO PER FARE LA DIFFERENZA ? "» di Vincenzo La Gamba - America
Oggi, New York, 16 ottobre 2003 |