Comunismo

 

Se il virus è capitalista
 

 

di Antonio Socci

Si leggono cose stupefacenti sulla famigerata Sars, la polmonite atipica d’origine cinese. Ormai è chiaro. Anch’essa è colpa di Bush, della diabolica America e non manca la solita Unità che perfino per questo virus riesce a puntare il dito su Berlusconi. Certo per i mass media e i commentatori è un’acrobazia spericolata riuscire a eludere la vera ed enorme responsabilità del regime comunista cinese, ma lo fanno egualmente.

 

La causa dell’epidemia e della sua diffusione sta – appunto – nelle condizioni di vita di milioni di cinesi e nell’occultamento del dramma imposto dal regime di Pechino, che di fronte ai primi cupi segnali ha scelto esattamente la strategia tipica di tutti i sistemi totalitari: silenziare tutto, non dare l’allarme, non far nulla e non far trapelare nulla, imponendo il “segreto di stato”. Il risultato è stato devastante: ciò che, al suo nascere, poteva essere arginato si è propagato al resto del mondo. Solo quando è scattato l’allarme planetario il regime di Pechino ha riconosciuto che, sì, in effetti, c’era l’epidemia e hanno sbagliato a negarla.

 

Ma non è affatto un errore. E’ la norma. Così funziona ogni regime totalitario. La vera malattia non è tanto la Sars, quanto il comunismo, così come la tragedia di Chernobyl non è stata provocata tanto dal nucleare, quanto dallo sgangherato e disumano sistema sovietico. Il totalitarismo è letale perfino per la diffusione di virus. Tanto è vero che hanno adottato (e stanno adottando) la stessa strategia per un’altra epidemia, ancora più grave della Sars: l’Aids.

 

Solo di recente le organizzazioni internazionali hanno scoperto cosa sta accadendo e hanno lanciato l’allarme perché la Cina si è cacciata in una mostruosità “di dimensioni titaniche”. Contrariamente a quanto dicono – anche qui – le cifre ufficiali del regime (che parlavano per il 2001 di 30 mila sieropositivi) - l’Onu stima in 800 mila o addirittura 1 milione e mezzo i cinesi infettati dall’Aids. Il motivo – come al solito – va ricercato nella politica del regime: c’è un’intera regione devastata dall’Aids a causa delle vendite di sangue, praticamente imposte dalla miseria e quindi indotte dalle autorità, ma realizzate in condizioni sanitarie pazzesche (senza la disinfezione necessaria).

 

Se il governo cinese non adotterà al più presto una controffensiva efficace, secondo l’Onu, i malati di Aids potrebbero salire addirittura a 10 milioni nel 2010, una cifra pazzesca. E, anche in questo caso, le autorità non fanno nulla, specialmente per curare questa massa di poveracci, completamente abbandonati. Il regime si è adoperato, ancora una volta, solo per impedire che le notizie trapelassero all’estero. Il Nouvel Observateur ha definito ciò che è accaduto come “il più grande errore medico di tutti i tempi”, ma non si può definire “errore medico”. Perché è normale che i regimi totalitari tengano in nessun conto la salute e la vita degli esseri umani.

 

Errori, anche gravi, sono quelli che vengono fatti nei sistemi politici democratici. Quelli delle dittature non sono “errori”, sono la norma.

Adesso che i buoi sono scappati i giornali del Partito comunista cinese – per rifarsi una verginità davanti al mondo - denunciano la Sars come “un’aggressione selvaggia contro l’umanità”. Ma in realtà è il comunismo la vera aggressione selvaggia all’umanità. Sono il loro Partito e la loro ideologia il virus che infetta e minaccia la vita di 1 miliardo e 300 milioni di cinesi. Possibile che non si voglia vedere una cosa tanto evidente?

 

S’impone – a livello planetario – un “caso Cina” che oltretutto ha approfittato delle condizioni di servitù in cui fa vivere quel popolo per mettere fuori mercato una quantità di produzioni occidentali gravate dai costi sociali che loro – in nome del socialismo – non hanno. Eppure incredibilmente i mass media glissano o si diffondono in considerazioni a dir poco incomprensibili.

 

Un commentatore come Federico Rampini su La Repubblica si è messo a discettare di globalizzazione. L’editorialista di Repubblica si chiede: “Il terrore del morbo che arriva dalle frontiere aperte può segnare la fine dell’età d’oro della globalizzazione?”

Non si capisce che c’entra globalizzazione. Da che mondo è mondo le epidemie si propagano a prescindere dalla circolazione dei capitali. Così è stato per la peste dei secoli scorsi, fino alla Spagnola che fece 20 milioni di morti nel 1918. Non è una politica protezionista o la limitazione alla circolazione dei capitali a tener lontane le malattie. A eliminare o limitare enormemente il rischio epidemie nel XX secolo sono state piuttosto le condizioni di vita enormemente migliorate (grazie al famigerato Occidente) e l’immenso progresso medico-scientifico, dovuto sempre all’odiatissimo Occidente.

 

Si discute adesso della crisi economica che colpisce – a causa della Sars - “le tigri asiatiche”. Ma bisognerebbe anche mettere a tema il problema dei costi sociali che pure quelle economie devono finalmente accollarsi, così da migliorare le condizioni di vita di quelle popolazioni e, innalzando la tutela sanitaria, evitare il ripetersi di minacce planetarie come la Sars.
 

E’ colpa degli Stati Uniti se il regime cinese – essendo una dittatura - se ne infischia della salute e della vita delle persone? A leggere Rampini pare quasi di sì: “I paesi ricchi, America in testa, hanno speso molto per costruire una ‘governance’ del commercio internazionale: hanno creato un organismo con poteri forti come il Wto, hanno imposto alla Cina nuove regole per far parte dell’economia globale. Se avessimo fatto gli stessi sforzi per le regole della cooperazione sanitaria internazionale”, osserva Rampini, “forse oggi non saremmo sotto l’assedio di una nuova pandemia che ci riporta in un passato pauroso”.
 

Insomma, è sempre colpa degli americani. Pure se a Pechino c’è un regime disumano. Ma è colpa degli americani anche se impongono sanzioni sul regime disumano, come Cuba, per costringerlo a cambiare. Ed è colpa degli americani anche se vanno ad abbattere il regime disumano, come quello iracheno. Ed è colpa degli americani anche se decidono di farsi i fatti propri e lasciar perdere i regimi disumani d’Africa. E’ comunque e sempre colpa degli americani.
 

La Cina fa divampare un’epidemia di polmonite killer, ma – a leggere Rampini – l’America avrebbe la colpa di non aver trovato subito una cura e un vaccino. O di non averlo trovato “in tre settimane” quante ci sono volute a vincere la guerra in Iraq. Si può continuare a ragionare così? Si può continuare a buttar la croce addosso sempre e solo al Paese che garantisce la libertà e la sicurezza a tutti e che sviluppa le tecnologie e le ricerche mediche di cui tutti usufruiscono?
 

Perché il tanto celebrato movimento pacifista-noglobal, che si definisce una superpotenza planetaria, non si occupa del “caso Cina”, delle situazioni sanitarie delle dittature, delle loro devastazioni ambientali, dei diritti dei lavoratori e dei diritti umani in quei regimi? Perché non si occupano delle migliaia di malati di Aids cinesi, completamente abbandonati, senza cure? Perché sembrano interessati solo a fare il processo sommario all’Occidente?
 

Per costoro, se Fidel Castro fucila o chiude in galera i dissidenti e i fuggiaschi è colpa dell’embargo occidentale. Se il regime cinese ha ottusamente permesso al virus di divampare è colpa del capitalismo.
 

 

Comunismo: «Se il virus è capitalista», di Antonio Socci, Il Giornale, Il Giornale,  29.4.2003

 

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