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Rino Cammilleri
Ho letto sul Corsera la recensione di un appunto di viaggio a Costantinopoli
effettuato nel 1788 dal poeta libertino Giambattista Casti (nome
inappropriato) in missione ufficiale. Interessanti i dettagli sul Serraglio
del Sultano (oggi palazzo Topkapi).
In esso stavano innanzitutto le «sultane», cioè le donne dell’harem che
avevano dato figli al Sultano. Colei che aveva partorito il primo figlio
maschio era compensata con possedimenti a Cipro. Poi c’erano le favorite,
che stavano in un padiglione a parte.
Quando il Sultano aveva voglia di sollazzarsi, le donne venivano poste in
una lunga galleria, dove dovevano atteggiarsi in pose «amabili», ma in
silenzio, mentre il Sultano le passava in rassegna. La scelta per quella
notte avveniva col lancio di un fazzoletto. La prescelta veniva lavata e
preparata, indi la si introduceva nel letto del Sultano, ma dalla parte dei
piedi in segno di rispetto. La mattina, il Sultano le dava i suoi vestiti e
tutto il denaro che aveva in tasca.
La ragazza veniva dunque appartata fino a quando non si sapeva se era
incinta: se sì, diventata «sultana»; se no, si rimetteva in fila. Nessuna
donna poteva mai uscire dal Serraglio senza il Sultano.
Se questi decideva di uccidere qualcuno dei loro figli, avevano il permesso
di piangere. La principale attività di queste donne era quella di cercare di
arraffare quanti più doni possibile per la «vecchiaia», cioè per il tempo in
cui il Sultano si sarebbe stufato di loro. Il che poteva accadere a
qualunque età ma era cosa pressochè sicura all’approssimarsi dei trent’anni
e inequivocabile quando venivano trasferite in un’ala “dimenticata”.
Allora facevano trapelare voci sulle loro disponibilità economiche, così che
qualcuno le chiedesse in moglie. Solo in questo caso, e previo permesso del
Sultano, potevano lasciare il Serraglio. Beh, adesso è un po’ più chiaro il
perché c’è qualcuno che ci tiene tanto a restaurare il califfato.
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