|
Rino Cammilleri
«Basterebbe citare Venezia, costruita su palafitte al prezzo del taglio di
decine e decine di milioni di alberi, riducendo a pietraia desolata la costa
della Dalmazia, prima coperta da splendida foresta. C’è qualcuno, a parte
l’immancabile fanatico, che preferirebbe a una Venezia gioiello del mondo la
sopravvivenza di un manto verde anche se magnifico?».
Chi parla così è Folco Quilici, insospettabile conoscitore e amante
dell’ambiente, sul «Il Giornale» del 29 luglio 2005. Egli ricorda anche
quell’insignificante guado su un fiume che, per essere il solo passaggio,
era taglieggiato da una banda di miserabili pastori. Finché a uno non venne
in testa di farci sopra un ponte. Da lì nacque Roma, e la sua carica più
sacra: il pontifex, costruttore di ponti. L’argomento è il famoso
ponte sullo Stretto, per secoli invocato specialmente dai siciliani ed ora
paventato (dai soliti) come disastroso per l’ecologia. Ricordo che,
quand’ero studente e non potevo permettermi l’aereo, ci volevano
ventiquattro ore (sì, avete letto bene) di treno per andare da Pisa, dove
studiavo, ad Agrigento, la mia città. In seconda classe, talvolta seduto nel
cesso su una pila di bagagli per via dell’affollamento di emigrati, con
temperature da collasso. Diverse ore erano necessarie per infilare il treno
nel traghetto Reggio Calabria-Messina e sfilarlo (pezzo per pezzo, in un
avanti-e-indietro esasperante) all’arrivo.
Poi la traversata, che il traghetto doveva effettuare a zig-zag per evitare
i celebri gorghi di Scilla da un lato e Cariddi dall’altro. E non sto
parlando dell’Ottocento, bensì di soli trent’anni fa. Non so come sia oggi
la situazione, dato che adesso uso l’aereo, ma credo che per far entrare un
intero treno in un traghetto occorra ancora frazionarlo. Così, si va «su
gomma», alla faccia dell’inquinamento (e il traghetto serve lo stesso) e
degli incidenti stradali. Oh, sì, quel famoso ponte inciderebbe sugli
interessi di ditte di autobus e aliscafi; certo, la mafia ci vorrebbe
“mangiare”, come no? E allora?
|
|