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Rino Cammilleri
Sul numero di aprile 2005 di «Studi cattolici» il costituzionalista Aldo
Loiodice ha pubblicato un articolo dal titolo inquietante: «I “miliardari
della provetta”. Aspetti mercantili della Fivet». Stralci: «Con la donazione
di ovociti (i costi, ndr) si aggirano sugli 8.000 euro per il primo
tentativo e crescono via via sino a superare i 20.000 euro. Vi sono
cataloghi dei donatori, con foto, storia sanitaria e albero genalogico.
Altro costo riguarda la diagnosi preimpianto per verificare se l’embrione è
portatore di gravi malattie (anche se ciò arreca danno allo stesso
embrione); (…): intorno ai 6.000 euro. (…) l’intera procedura raggiunge
livelli non attingibili da tutti gli utenti (specie quelli a reddito
fisso)». Ancora: «La restrizione normativa degli utenti alle sole coppie
sterili (…) impedisce che i “capricci” della provetta possano sollecitare
anche le coppie fertili, rendendo più ricco il mercato della provetta».
Ancora: «Al momento, non sono ancora emersi, nel dibattito in corso, tutti
gli interessi e le prospettive che, in effetti, vengono in gioco; per
esempio, l’aspetto più nascosto (quasi difeso) è quello che si veste della
tutela costituzionale per la libertà di ricerca per coprire la sua vera
natura di esigenza di ampliare la libertà d’impresa reclamata (tramite la
ricerca) dalle case farmaceutiche, dalle case cosmetiche, dalla case di cura
private e dai ginecologi interessati».
Ancora: «Le regole poste da tale normativa (la legge 40/2004 oggetto di
referendum abrogativo, ndr) hanno infatti chiuso i mercati collegati alla
fecondazione, quali (…) quelli degli spermatozoi, degli ovuli, degli uteri
in affitto con vera e propria prostituzione (che equivale a far mercato di
sé)». Ancora: «(…) la ricerca su staminali non embrionali è l’unica
acclarata scientificamente con guarigioni accertate». Invece, «l’uso delle
cellule staminali embrionali, fin ad ora mai tentato neppure in via
sperimentale sull’uomo, si è dimostrato cancerogeno nella
sperimentazione animale (in corsivo nel testo, ndr)».
Ancora, «che senso costituzionale può assegnarsi alla pretesa di
intromissione, nella disciplina della legge, di una dimensione
ipoteticamente più ampia della libertà di ricerca a fini che non sono solo
terapeutici? (…) quale obiettivo reale persegue il soprannumero degli
embrioni? Si tratta del diritto alla salute della donna ovvero di altri
interessi? (…) Se lo scopo della legge 40/2004 è quello di superare una
patologia (infertilità e sterilità), (…) che senso avrebbe l’allargamento
(anche ai fertili) della sfera dei soggetti che possono accedere alla Pma
(procreazione medicalmente assisitita, ndr)? (…) se la legge vuol rendere
concreta la traduzione in realtà del desiderio (o diritto) di un figlio
proprio, che senso avrebbe la fecondazione eterologa che porta ad avere un
figlio altrui o non totalmente proprio?».
La legge «ha vietato la clonazione e la selezione eugenetica (di nazista
memoria)» ed «ha lo scopo di impedire l’ignobile mercato degli embrioni e
dei tessuti staminali e l’altrettanto ignobile mercato degli interventi
chirurgici e delle illusioni tecnico-mediche, i cui costi sono elevati e
inducono le coppie sterili e infertili a indebitarsi oltre i limiti delle
loro possibilità». Infine, «forse alcuni gruppi finanziari (collegati o meno
alla case di cura ed ai tecnici e ricercatori ginecologici e genetici) hanno
subito avvertito il grande rischio (per loro) della legge» (che aveva
cercato di porre fine al cosiddetto Far West: leggi «libero mercato» o
«liberalizzazione», ndr).
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