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Rino Cammilleri
Sergio Romano, autorevole commentatore liberale ma rigorosamente
equidistante da tutto e da tutti (anche dalla religione), nella sua «stanza»
di risposte ai lettori sul «Corriere della Sera» del 29 marzo 2005 ricordava
la sorpresa dei bolscevichi quando, assaltando il Palazzo d’Inverno,
trovarono a difenderlo un battaglione femminile.
Dunque, nel 1917 il vituperato regime zarista era molto meno retrogrado di
quanto ci sia stato tramandato. Per gli addetti ai lavori non comunisti non
è una novità: basta leggere le opere di Solzenicyn per rendersi conto che,
anzi, la Russia dei Romanov era all’avanguardia in parecchi ambiti. E c’è
chi sospetta che proprio questo abbia determinato i signori del denaro ad
appoggiare Lenin. Nella medesima «stanza» Romano ricordava anche che fino al
1941 nelle armate americane c’erano battaglioni «di colore» comandati da
bianchi. In effetti, se si va a rivedere il film Glory con Denzel
Washington, si scopre che perfino nella Guerra di Secessione, pur combattuta
per liberare gli schiavi neri, i neri avevano difficoltà a farsi accettare
come soldati nell’esercito nordista.
I neri americani riuscirono a farsi togliere l’asterisco accanto al nome
sugli elenchi telefonici solo nel 1963. Ma agli americani va riconosciuto
che non si vergognano di lavare in piazza i loro panni sporchi (v. il film
Mississippi burning con Willem Dafoe e Gene Hackman). Infatti, per
restare al cinema, nel vecchio I giovani leoni, con Marlon Brando,
un soldato americano veniva vessato in ogni modo dai commilitoni perché
ebreo.
E dire che stavano combattendo contro i nazisti.
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