|
Rino Cammilleri
Un sondaggio dell’americano Wall Street Journal, reso noto dal
«Giornale» del 16 dicembre 2004, ha tastato il polso religioso degli
europei. I risultati sono interessanti, perché dimostrano come gli atei
siano meno numerosi nell’Europa ex comunista. In quest’ultima, la
persecuzione religiosa non ha praticamente concluso molto, laddove in
Occidente si sono rivelati molto più efficaci l’edonismo di massa
post-sessantottardo e il relativismo.
Scavando nelle statistiche si nota come i meno credenti siano allocati
soprattutto nei Paesi protestanti. Ecco la classifica: in testa i cechi, con
un 49% di indifferenti, seguiti a ruota da olandesi, tedeschi, danesi, belgi
e svedesi. I più credenti sono i romeni e i greci, di religione ortodossa;
subito dopo vengono i polacchi e gli italiani.
Dei francesi nulla possiamo dire perché in Francia è vietato per legge far
sondaggi del genere (la laïcité teme che si incoraggino i raffronti
etnico-religiosi). Molto religiosi, al 95%, si dicono i turchi, che sono
com’è noto musulmani. Il divario maggiore è tra credenti e praticanti: su
quattro europei occidentali, uno si dichiara ateo e solo uno praticante. La
Spagna sta rubando alla Francia il primato della non-pratica religiosa.
Tuttavia, questi dati andrebbero valutati alla luce di altri. Per esempio,
il mezzo miliardo di pentecostali nel mondo.
E i cosiddetti movimenti ecclesiali cattolici. Ma bisognerebbe chiedere
maggiori lumi al Cesnur. Resto convinto, comunque, che la rievangelizzazione
auspicata dal papa debba fare i conti con quel che lo stesso papa disse,
anni fa, in un memorabile discorso a Loreto: una cultura direttamente o
subdolamente anticristiana osta, eccome. Con buona pace di quanti credono
che «vivere il Vangelo» sia solo raccattare i drop out della società.
|
|