Antidoti


 

I premi Nobel li danno a chi celebra il nichilismo o la disperazione e descrive una vita in cui nulla ha senso

Nichilismo

 

 

Rino Cammilleri


Spesso giovani scrittori cattolici mi mandano le loro cose, chiedendo un giudizio ma, soprattutto, sperando che io li aiuti a lanciarsi. Volentieri lo farei, ma forse non si rendono ben conto del clima in cui viviamo (clima nel quale io stesso reggo, come si suol dire, l’anima coi denti). In letteratura il bene non paga, almeno oggi come oggi. I grandi successi li avete sotto gli occhi: Il codice Da Vinci, Non ti muovere, i casi del commissario Montalbano, Stephen King…

I premi Nobel li danno a chi celebra il nichilismo o la disperazione e descrive una vita in cui nulla ha senso, e tanto vale darsi per quel che si può alla pazza gioia (cioè, al sesso, perché da quando esiste il mondo non c’è altro). Diceva Pio XII agli artisti cattolici che anche il male può essere rappresentato nella luce della vera arte, ma dovere dell’arte è di elevare l’animo e non di contribuire ad aggravarlo mostrando solo e sempre il peggio.

Certo, ormai la coltre nichilista è così estesa e pesante che ogni tanto si sente la necessità di una boccata d’aria, magari per puro anticonformismo. Ecco, allora, le fiammate di un Ipotesi su Gesù del 1976 o del recente film The Passion. Ma sono, appunto fiammate sporadiche, e una rondine non fa primavera (tra l’altro, Mel Gibson ha scucito di tasca sua cinquanta milioni di dollari, per un film che nessuno voleva distribuire; se non fosse stato per le polemiche di certi ambienti ebraici…

Insomma, non è un esempio che possa essere imitato da giovani scrittori cattolici in cerca di fortuna). E’ il conformismo il muro da abbattere, perché è il conformismo che fa sì che i critici e i recensori celebrino solo opere nichilistiche e stendano un velo di silenzio sul resto. Sul grande pubblico, poi, il binomio disperazione esistenziale-sesso ha un’attrattiva superiore a ogni altra cosa, come insegna la dottrina del Peccato Originale.

Non resta, agli aspiranti artisti cattolici, che essere veramente dei geni (ma di geni, com’è noto, ne nasce uno ogni tre o quattro generazioni). D’altra parte, la sequela di Cristo implica la croce e il fallimento: onori e gloria sono per i mondani.

Beati voi quando vi disprezzeranno perché siete miei, dice Cristo nel Vangelo. C’è, tuttavia, un ulteriore sistema: adeguarsi per anni e anni al conformismo, fingersi anticlericali e sgomitare senza scrupoli, dando al «mondo» quel che vuole. Poi, raggiunto l’apice del successo e una posizione finanziaria inattaccabile, «convertirsi».

I media cattolici, sofferenti di complesso di inferiorità, vi apriranno le braccia, sia perché siete un figliol prodigo, sia perché un testimonial del genere non si butta via.

Vi riceverà anche il papa e, se siete musicisti, farete concerti in Vaticano. Insomma, parliamoci chiaro: i cattolici doc non li vuole nessuno, neanche i preti, i quali preferiscono i «lontani» o, al massimo, i «pentiti».

Non ci resta, dunque, che la fede: essa ci dice che la giustizia esiste solo nell’Eternità. Qui c’è la croce. Sennò sarebbe troppo comodo.
 

 

Antidoti: «I premi Nobel li danno a chi celebra il nichilismo o la disperazione e descrive una vita in cui nulla ha senso. Nichilismo», Rino Cammilleri, sabato 11 dicembre 2004
http://www.cammilleri.it/

 

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