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Rino Cammilleri
La prima loggia massonica d’Italia fu aperta a Firenze nel 1732 (la
Massoneria era stata fondata a Londra poco tempo prima, nel 1717).
Nel 1738 il papa Clemente XII condannò la Massoneria con la bolla In
eminenti, primo di oltre cinquecento pronunciamenti ecclesiastici
sul tema. Ma la bolla non fu recepita dal Granducato di Toscana, anche
perché il granduca Francesco Stefano di Lorena (poi marito di Maria Teresa
d’Austria e imperatore) era notoriamente massone. Un solo massone toscano fu
consegnato all’Inquisizione: il poeta libertino Tommaso Crudeli, aretino di
Poppi, nel 1739.
A lui sono intitolate diverse logge ed è sempre stato celebrato come martire
del libero pensiero. Nel corso delle mie letture mi sono spessissimo
imbattuto nella deprecazione contro questa condanna, e con tali accenti da
farmi ritenere, confesso, che il Crudeli fosse finito al rogo. La cosa lì
per lì mi lasciava perplesso, data l’epoca; ma i toni era sempre così
addolorati e di cotale esecrazione nei confronti dell’intolleranza
ecclesiastica da non ammettere dubbi. Alla fine, dopo l’ennesima invettiva,
mi sono deciso ad andare a vedere questo terribile processo. La prima
scoperta: contro il Crudeli aveva deposto anche suo fratello Jacopo.
Accuse: avere affermato che la teologia scolastica era «inutile, superflua,
chimerica e falsa»; che il purgatorio non esiste e, dunque, le indulgenze
non servono a niente; il papa non ha alcuna «potestà», perché Cristo l’ha
data al solo Pietro e non ai suoi successori; nell’eucarestia il corpo di
Cristo non c’è; l’evangelista Giovanni non capiva niente; Dio è mendace; il
battesimo è una perdita di tempo; tra uomini e animali non c’è differenza.
Insomma, eresie dure e pure.
Ma c’era un’ultima accusa: l’avere affermato essere lecito sollevarsi contro
il sovrano quando questo impone «pesi gravi». Il che spiega come mai il
Crudeli, e solo lui, fu consegnato dalle autorità del Granducato
all’inquisitore. Poiché era tisico, l’inquisitore lo fece spostare in una
cella più confortevole; non gli bastò e gli fu ancora cambiata.
Su consiglio dell’avvocato difensore (la truculenta Inquisizione li
ammetteva) chiese -e ottenne- una ri-audizione dei testimoni. Sentenza:
«Avendo la Santa Congregazione maturatamente considerato la gravità de’ tuoi
delitti ed il peso delle denunzie e indizi che risultano contro di te,
pronunzia e condanna te Tommaso Crudeli a stare nella tua casa di Poppi, e
quella vuole che ti sia indice di carcere, ad arbitrio della Santa
Congregazione, da accrescersi e scemarsi la pena, questo in riguardo alle
tue malattie, obbligandoti a dar mallevadore di mille scudi per l’osservanza
di detta pena da applicarsi in caso che fuggissi a’ luoghi pij». Dunque,
arresti domiciliari, con previsione di condono per motivi di salute. E
cauzione.
Di più: gli venne chiesto se potesse permettersi di pagare (il Crudeli
rispose di sì); in caso contrario e se nessuno si fosse offerto di farlo al
suo posto, erano di solito previsti gravami sostitutivi come, ad esempio, la
recita periodica dei Salmi o forme di assistenza ai poveri. Questo fu,
dunque, il «martirio» di Tommaso Crudeli, il quale morì nel suo letto nel
1745.
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