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Rino Cammilleri
A Milano c’è un
importante mercato delle pulci detto «la fiera di Sinigaglia»; si svolge il
sabato. Non so se nei mercati delle vostre città, cari lettori, accadono
fenomeni analoghi a quello che vado a descrivere. Ecco qua: centro metri di
pornografia, tutti da percorrere, come un enorme tappeto che si stende al
sabato mattina ai piedi dei visitatori della milanese fiera di Sinigaglia,
esplicitissima e squadernata sotto gli occhi di tutti, soprattutto dei
bambini.
Si tratta dei vu’ cumpra’, naturalmente, quelli che vendono Cd e Dvd
taroccati. Forse ve ne sarà capitato in mano qualcuno, magari per la
curiosità di vedere un film che non è ancora uscito nelle sale. Qualità
pessima, audio inascoltabile, rumori di fondo, a volte le sagome degli
spettatori ritardatari che sono andati in bagno e sono tornati a proiezione
già iniziata: evidentemente qualcuno, provvisto di telecamera, si è piazzato
nelle ultime file per riprendere il film da riprodurre in migliaia di Dvd.
Magari, qualcuno dentro la cabina del proiezionista.
Com’è noto, ciò è vietato dalla legge sul diritto d’autore e la proprietà
intellettuale, ma ogni tanto si chiude un occhio con gli immigrati, per
permettere loro di guadagnarsi un pezzo di pane senza delinquere. Solo che
questa della pornografia è davvero troppo e i vigili urbani dovrebbero farsi
un giro dalle parti della suddetta fiera, così come risultano presenti su
altri mercati (suppongo).
Le immagini oscene, che col solito ricorso all’eufemismo si è definito
hard, le edicole non possono esporle, com’è noto, e molte le tengono
dietro apposito separé, così che i malati di voyeurismo possano fruirne
discretamente. Ma non si dovrebbe consentire agli immigrati quel che è
vietato agli autoctoni.
Nemmeno per il pezzo di pane, perché qui si esagera. Per giunta, sappiamo
bene che non pochi immigrati sono di fede musulmana: quanto sia «corrotto»
l’Occidente bastano i talkshow televisivi che intervistano con tutti gli
onori le cosiddette pornostar e i cosiddetti scambisti a ricordarglielo.
Tuttavia, i genitori possono ben cambiare canale, così la «libertà
d’informazione» è salva e gli occhi dei bambini pure. Ma non è giusto che al
mercato debbano andare solo i maggiorenni.
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