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Rino Cammilleri
Seguendo una
recensione dell’agenzia «Corrispondenza romana» del 22 maggio u.s., vi
informo di quanto segue. Magdi Allam, egiziano e giornalista del «Corriere
della Sera», ha pubblicato per Mondadori Kamikaze made in Europe, in
cui avverte che il terrorismo islamico non è affatto una realtà arcaica,
bensì moderna e tecnologica, e trova in Europa (grazie al suo garantismo e
alle sue libertà, assenti nei Paesi musulmani) la tribuna ideale per
propagandare l'ideologia della «guerra santa», reclutare seguaci
(soprattutto fra gli immigrati regolari), procurare i mezzi finanziari e le
complicità necessarie per realizzare gli attentati.
Queste complicità sono trasversali e vanno da certi ambienti di destra fino
alla sinistra no-global e le nuove Brigate Rosse, passando per un
cattolicesimo pacifista e terzomondista. Il collante di queste solidarietà è
costituito dall’antiamericanismo. Come i bizantini ortodossi alla vigilia
dell'invasione islamica proclamavano lo slogan suicida «Meglio il turbante
del Sultano che la tiara del Papa», oggi si dice «Meglio musulmani che
americanizzati» (ai tempi del comunismo sovietico si diceva «Meglio rossi
che morti»).
Allam critica la pretesa dei governi europei di trovare un interlocutore
nelle associazioni che animano il "popolo delle moschee", ritenendole
rappresentative di un islamismo moderato. In realtà, questo popolo
costituisce una infima minoranza dei fedeli (appena il 5% in Italia); i
luoghi di culto ufficiali sono solitamente sostenuti dall'Arabia Saudita (la
quale spera, finanziandoli, di mandarli a far danno fuori dai suoi confini)
e dominati dai Fratelli Musulmani, dunque da estremisti che intendono
promuovere una graduale islamizzazione della società e dello Stato
presentandosi come "moderati". Invece le moschee europee sono spesso
solidali con il terrorismo, che finanziano sottobanco.
L'Occidente paga oggi caro il grave errore, commesso fin dagli anni
Settanta, di appoggiare le rivendicazioni e le organizzazioni musulmane,
dapprima in Palestina e Libano, poi in Iran e in Afghanistan, infine in
Bosnia e nel Kossovo. Per decenni l'Europa ha permesso che organizzazioni
islamiche installassero sul suo territorio basi paramilitari per
l'addestramento di guerriglieri e terroristi da sguinzagliare in Palestina o
in altre parti del Terzo mondo. E, alla luce, dei fatti più recenti, anche
l’Arabia Saudita ha fatto male i suoi conti.
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