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Rino Cammilleri
A volte, per questioni di partenze, devo assistere, nella mia parrocchia,
alla messa domenicale delle dieci, detta «dei bambini» perché nelle prime
file ci stanno diversi pargoli (anche se la maggioranza è composta da adulti
che, per motivi loro, trovano quell’orario più comodo).
Se non fosse che si parla di Gesù, sembrerebbe di assistere ad
un’«animazione» da villaggio-vacanze, con canti, cori, mani agitate, braccia
oscillanti e mosse da «macarena». Tutto è all’insegna del gioioso e dello
spensierato, anche se, a destra di chi guarda, incombe un grande crocifisso
sanguinante.
Già: son bambini, e la liturgia si adegua. Tuttavia, la Madonna non deve
aver frequentato le magistrali e poco deve intendersi di psicologia
dell’infanzia, visto che a Fatima non ha esitato a mostrare l’Inferno ai tre
veggenti (di cui la più grande aveva undici anni). Due dei quali sono morti
di malattia nel giro di qualche mese, laddove la terza è ancora viva e
vegeta sebbene abbia superato i novant’anni: misteri del Dio cristiano.
Un’altra santa-bambina è Maria Goretti, uccisa in un tentativo di stupro a
dodici anni. Il piccolo s. Tarcisio fu lapidato a morte dai pagani. Uno dei
pochi santi-bambini che riuscì a morire nel suo letto fu s. Domenico Savio,
il quale, però, non ebbe mai il beneficio di alcuna «animazione gioiosa»;
anzi, nel suo diario annotava: «la morte, ma non peccati».
Insomma, Il Dio cristiano sembra comportarsi con i piccoli con la stessa
pedagogia con cui venivano trattati nel Medioevo: da adulti, e fin da
subito. Infatti, si pensava che l’infanzia fosse un periodo di totale
dipendenza dal quale era carità cercare di trarne fuori prima possibile.
Ecco perché, in illo tempore, c’era gente che a tredici anni s’era
già fatta un paio di Crociate e a sedici era in grado di conquistare regni.
Poi venne Rousseau, e oggi siamo tutti «ragazzi» fino ai cinquant’anni. Mah.
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