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di Rino Cammilleri
«Corrispondenza romana» del 15.5.04 riporta stralci di un’interessante
intervista rilasciata all’agenzia di stampa «Reuters» dal prof. Giuseppe
Ortoleva, titolare della cattedra di Storia dei mezzi di comunicazione
all’università di Torino.
Parlando delle fotografie delle umiliazioni inflitte ai prigionieri irakeni
da soldati americani ha detto: «Oltre a immagini di torture per far parlare
i detenuti, quelle foto svelano agli occhi del mondo qualcosa sinora
sottovalutato, un aspetto della cultura occidentale del quale abbiamo perso
il controllo: l’esplosione della pornografia».
Infatti, quei sorrisi smaglianti, quelle pose soddisfatte svelano un
compiacimento tutto giocato sul sesso e si ha «la perversione come
ingrediente essenziale dell’erotismo.
Umiliazioni e soprusi descrivono una palestra in cui consumatori di
pornografia hanno avuto la possibilità di mettere in pratica fantasie
estreme: avere schiavi sessuali, degradare le persone a oggetti da usare
come si vuole». In questo caso, sono state messe «persone culturalmente
deprivate in situazioni di potere eccezionale».
Infatti, com’è noto, i responsabili non sono soldati particolarmente
addestrati o agenti dei servizi segreti ma riservisti: ex venditori di
assicurazioni porta-a-porta ed ex cameriere di fast-food.
Ciò, dice Ortoleva, merita una profonda riflessione «su cosa possa
significare nella testa di milioni di persone l’abitudine a vedere atti
sessuali, in particolare sadomaso». Insomma, ripete, «c’è un pezzo della
nostra cultura del quale abbiamo perso completamente il controllo».
Già, vallo a dire ai difensori della «libertà d’espressione» e a quegli
anchormen televisivi che nei loro talk-show ospitano con tutti i
riguardi le cosiddette pornostar, presentate come persone che fanno un
mestiere equivalente in dignità a ogni altro. Magari, «per animare il
dibattito», sedute accanto a un teologo e a un ufficiale dei carabinieri.
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Antidoti:
«"Libertà d’espressione», talk-show, umiliazioni inflitte ai
prigionieri irakeni ... Pornografia», di Rino Cammilleri,
24 maggio 2004
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