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di Rino Cammilleri
Nella prolusione all’ultima assemblea generale dei vescovi, tenuta a Roma
dal 17 al 21 maggio u.s., il presidente, cardinal Ruini, ha accennato quasi
di sfuggita alla Rai e al suo cinquantesimo anniversario.
Ecco il passaggio interessante: «È grande, senza dubbio, l'incidenza che
queste trasmissioni hanno avuto sulle trasformazioni della cultura, della
mentalità e dei comportamenti intervenute nel nostro Paese, rendendolo assai
più omogeneo e più informato, ma anche contribuendo ad erodere valori
portanti e non sostituibili». Già. Non tutti ricordano che il Sessantotto
ebbe come protagonista la generazione nata nel dopoguerra e figlia del
boom economico italiano.
Ma quella generazione era figlia anche della trasformazione di un Paese
prevalentemente agricolo in uno prevalentemente industriale, con masse
enormi di lavoratori spostati dal Sud alle grandi città del Nord. E,
soprattutto, era figlia della televisione, che divenne di massa proprio
all’inizio degli anni Sessanta ed entrava in tutte le case nelle ore più
indifese.
Fu quella televisione, ben presto affamata di audience, a cavalcare
l’onda di ciò che sembrava il trend/ ed il futuro, arrivando, negli anni
Settanta, a trasmettere scene di nudo integrale e di sesso esplicito,
parlato e mostrato, dando tutto lo spazio possibile a quella che sembrava la
nuova mentalità dei «giovani» ma finendo per anticiparla e diffonderla in
tutti i ceti e le fasce d’età.
Oggi, anche negli sceneggiati, è normale vedere giovanotti a letto con la
fidanzata, perfino in fiction come quella, recente, sul carabiniere Salvo
D’Acquisto. Del tutto assurda, quest’ultima, sia per l’epoca che descrive (i
primi anni Quaranta) che per il personaggio, che non a caso è in attesa di
beatificazione da parte della Chiesa cattolica. Le parole di Ruini erano, al
solito, prudenti e sfumate. Ma fanno venire in mente quelle del maggior
esperto di media di tutti i tempi,
Marshall McLuhan (guarda caso, cattolico): «Staccate la spina».
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