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di Rino Cammilleri
Mi informa l’agenzia «Corrispondenza romana» che il 3 marzo u.s. il
parlamento portoghese ha respinto tre richieste avanzate per liberalizzare
l'aborto: la proposta di liberalizzazione totale, quella di depenalizzarlo
per le prime dodici settimane di gravidanza e quella di svolgere un nuovo
referendum liberalizzatore.
Le proposte erano state avanzate, naturalmente, dall'opposizione:
socialisti, comunisti, verdi (etc.), ma sono state bocciate dalla coalizione
governativa e dalle defezioni, nell’opposizione, di quanti hanno votato
contro «per motivi di coscienza».
Il Portogallo è l'unico paese europeo, assieme all'Irlanda, in cui l'aborto
è punito come reato, sia pure con le eccezioni del grave pericolo di vita
per la madre, dello stupro e del feto malformato.
Un referendum popolare già nel 1998 aveva respinto la liberalizzazione, in
seguito rilanciata da una sentenza del tribunale di Aveiro che aveva assolto
un gruppo di persone accusate di aborto clandestino.
Anche in Portogallo, a quanto pare, c’è una magistratura che tira da una
parte e un popolo che tira dall’altra. E’, anche questo, un classico caso di
establishment molto più “progressista” della gente comune.
Bisognerà che quest’ultima venga lavorata ai fianchi ancora un po’ prima che
i tempi divengano “maturi” per scelte “adulte”. Il fatto è che portoghesi
non hanno scioperanti della fame e della sete che mettono a rischio la
propria vita per le «battaglie di civiltà». Beati loro.
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