|
di Rino Cammilleri
In un film di fantascienza di molti anni fa, La fuga di Logan, si
immaginava un mondo del futuro in cui i trentenni, a compleanno avvenuto,
dovevano superare una prova.
A questa prova, però, non sopravviveva nessuno. Si comprendeva, a un certo
punto, che si trattava di un sistema per sfoltire la popolazione dei più
«anziani» e mantenerla sempre giovane, col vantaggio di praticamente
azzerare la spesa sanitaria e potersi permettere di vivere in un orizzonte
di edonismo totale. Com’è noto, a volte la fantascienza non fa altro che
esprimere i sogni più inconfessati. Essa non di rado anticipa i tempi per il
semplice motivo che fa da guida alle innovazioni.
Oggi non siamo certo nella prospettiva di Logan, ma l’idea c’è.
Infatti, secondo una notizia del 31 marzo u.s., il comune di Lugano ha
approvato il cosiddetto «protocollo Exit», che sarebbe la possibilità di
praticare l’eutanasia nelle case di riposo per anziani. Ora, si dà il caso
che proprio la Svizzera sia all’avanguardia nel settore: secondo la
prestigiosa rivista medica The Lancet (numero di giugno), nella
Confederazione Elvetica ben sette malati terminali su dieci ricorrono al
suicidio assistito. Insomma, siamo sui sessantamila casi all’anno, record
europeo. La Svizzera detiene anche altri primati, come percentuali di
suicidi tout court, di psicofarmacodipendenti e di psichiatri.
E vi operano ben due organizzazioni di assistenza per farla finita,
l’anzidetta Exit e la Dignitas. Naturalmente, i cattolici hanno subito preso
cappello. Ma non solo loro. Anche diversi operatori sanitari sono, quanto
meno, scettici. Sì, perché (cito) «si tratta quasi sempre di richieste di
affetto da parte di persone sole, cui rispondere con l’ascolto, il calore e
la solidarietà umana, oltre che con cure medico-infermieristiche
appropriate». Non di rado chi dice di voler farla finita è solo uno che
soffre e vorrebbe non soffrire. Dunque, bisognerebbe, almeno, rivedere la
terapia. Di più: «Il pericolo è che il gesto di chi ricorre al suicidio
assistito possa generare una pressione su chi sa di essere un peso dal punto
di vista finanziario per la propria famiglia».
Ultimo particolare inquietante, i casi di suicidio assistito (cito) «in gran
parte riguardano pazienti che sono di cultura nordica. La mentalità del Nord
è una mentalità del “fai da te”, dell’autodeterminazione spinta fino
all’eccesso». Timidamente suggeriamo che potrebbe entrarci anche la
secolarizzazione.
|
|