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di Rino Cammilleri
L’agenzia «Corrispondenza romana» del 6.3.04 comunica che la
Pontificia Facoltà Teologica Meridionale ha organizzato a Molfetta, il 19 e
20 febbraio 2004, un convegno di studio sul fenomeno della religiosità
popolare. Nel corso dei lavori è emerso quanto segue: «Mentre la pratica
religiosa cala, permangono molto radicate forme di religiosità popolare» che
la cultura cattolica contemporanea ha «sbagliato a svalutare» perché ha
subìto «l'influenza delle categorie sia laiciste» (che le bocciavano come
"irrazionali"), «sia marxiste» (che le declassavano a "religione delle
classi subalterne"). Questo, proprio mentre la Chiesa subiva la dura
competizione dei "riti profani di massa"; per tutto risultato, «noi abbiamo
smesso di fare le processioni, mentre la Cgil fa ancora le sue
manifestazioni».
Molti relatori hanno esplicitamente ammesso che, nel post-concilio, si è
esagerato nel voler "purificare" e razionalizzare la fede dei semplici,
vietando o scoraggiando culti, processioni, reliquie e feste dei santi
patroni. Si è voluto ridurre la fede a spiegazione e comprensione razionale,
«finendo così per soffocare la religione vissuta a livello popolare».
Ancora: il Magistero della Chiesa non permette di contrapporre la fede dei
dotti a quella dei semplici; per i teologi «è venuto il momento di farsi
evangelizzare dalla religiosità popolare»; tanto più che «i giovani che
vengono dai seminari non sono figli delle lettere pastorali né dei testi
conciliari, ma sono figli del cattolicesimo popolare, di quello vivente, che
hanno appreso in braccio alla mamma e alla nonna». Conclusione: il richiamo
post-conciliare a un «cristianesimo adulto» non sembra aver fatto breccia.
Forse perché il Regno dei Cieli è promesso a chi assomiglierà ai bambini.
Appreso questo, uno potrebbe rallegrarsi e pensare «meglio tardi che mai»,
visto che sono passati quarant’anni dalla fine del Concilio.
Invece no, perché uno dei più importanti santuari mariani del mondo, quello
di Fatima (e i santuari sono appunto i fulcri della religiosità popolare),
pare diventerà un centro di «spiritualità interreligiosa». E’ la stessa
agenzia a rivelarlo, in un successivo comunicato: un convegno
interconfessionale sull'ecumenismo, tenutosi a Fatima tra il 10 e il 12
ottobre scorso, promosso dalla Conferenza Episcopale Portoghese e dall'Onu,
presieduto dal patriarca di Lisbona e dal presidente del Pontificio
Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Dal documento finale: «Nessuna
religione può illuminare un'altra o rafforzarsi a spese di un'altra; il
dialogo è l'unico sistema per costruire ponti ed abbattere muri di lacrime
ed odio secolare. L'importante è che ogni religione rimanga integralmente
fedele a se stessa e che nessuna religione si consideri superiore o
inferiore ad un'altra, ma che tutte si pongano sullo stesso piano»; è stata
dunque condannata ogni forma di «proselitismo». Il convegno ha concluso
dichiarando che tutti i santuari devono essere rinnovati ogni venticinque
anni per adeguarsi alle tendenze di attualità. Il rettore del santuario ha
dichiarato: «Il futuro di Fatima dovrà passare attraverso la creazione di un
santuario in cui le diverse religioni possano riunirsi». Egli ha quindi
annunciato che verrà costruito un grande stadio-basilica, nel quale tutte le
religioni - comprese quelle pagane e animiste - potranno celebrare,
separatamente o insieme, i loro culti. Naturalmente, la cosa ha suscitato
un'ondata di critiche, specialmente da parte di movimenti e riviste che si
rifanno al messaggio mariano. Ma ai contestatori è stato rimproverato di
essere «cattolici antiquati, ottusi, estremamente fanatici e provocatori».
Così, l’effetto-Molfetta viene vanificato dall’effetto-Fatima, e siamo punto
e a capo.
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