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di Rino Cammilleri
Giovanni Paolo II, parlando ai componenti del Tribunale della Rota Romana
-ricevuti in udienza nella mattina di giovedì 29 gennaio u.s. nella Sala
Clementina - in occasione dell'inaugurazione dell'Anno Giudiziario, ha
ribadito con forza che «occorre riscoprire la verità, la bontà e la bellezza
dell'istituto matrimoniale.
Il papa ha anche invitato «ad accertare con maggior serietà, al momento
delle nozze, i requisiti necessari per sposarsi, specialmente quelli
concernenti il consenso e le reali disposizioni dei nubendi. I parroci e
coloro che collaborano con loro in quest'ambito hanno il grave dovere di non
cedere ad una visione meramente burocratica delle investigazioni
prematrimoniali di cui al can. 1067. Il loro intervento pastorale deve
essere guidato dalla consapevolezza che le persone possono proprio in quel
momento scoprire il bene naturale e soprannaturale del matrimonio, ed
impegnarsi di conseguenza a perseguirlo».
Bellissime parole che, però, hanno a mio avviso un limite, quello della
scarsa applicabilità. Infatti, non c’è investigazione prematrimoniale che
possa garantire il futuro. Si può stare fidanzati dieci e più anni e
scoprire lo stesso, dopo il matrimonio, di aver preso una cantonata. Oggi la
vita implica il lavoro fuori casa di entrambi i coniugi, e una vita urbana
che il più delle volte allontana dalla comunità d’origine. I due sono soli e
l’unica risorsa che hanno per tenere unita la loro coppia è il rispettivo
carattere: se i due vanno naturaliter d’accordo, bene; altrimenti è
un disastro.
Né, ripeto, il più o meno lungo periodo di prova precedente garantisce
alcunchè, dal momento che la convivenza e il peso della vita moderna mettono
alla prova anche i più affiatati.
Se fossi il papa chiederei alla Rota di, al contrario, allargare le maglie,
perché, oggi come oggi, i motivi di nullità delle nozze si sono, semmai,
moltiplicati. In un mondo di gente molto più fragile, con consumi di
psicofarmaci che raddoppiano ogni anno e tassi di malessere crescenti, non
si può, evangelicamente, mettere toppe vecchie su vestiti nuovi.
Un tempo, chi aveva sbagliato nella scelta del coniuge si rassegnava
santamente e accettava una vita di martirio finchè Dio non gli avesse
concesso di scendere dalla croce. Oggi si finisce troppo spesso in cronaca
nera. La «bellezza dell’istituto matrimoniale» è diventato un terno al
superenalotto: tutti ci provano, pochissimi vincono.
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