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di Rino Cammilleri
Ho letto solo il 27 gennaio u.s. che il giorno 21 il governatore del
Friuli-Venezia Giulia, Riccardo Illy, aveva fatto un giro su un caccia F-16
americano alla base di Aviano.
Naturalmente come passeggero, realizzando un suo vecchio sogno. Alla fine,
il 31° stormo dell’aviazione statunitense, di stanza ivi, lo aveva insignito
del titolo di comandante onorario. Ma c’è stato, è il caso di dirlo,
l’apriti cielo per l’atteggiamento giudicato guerrafondaio del presidente
della regione. Naturalmente, il primo a lamentarsi è stato l’assessore
regionale alla cultura, che per coincidenza è anche segretario regionale di
Rifondazione Comunista (la «cultura della pace», insomma).
I secondi, altrettanto naturalmente, sono stati i preti. Dodici, per
l’esattezza, parroci di diverse diocesi della regione. Con una lettera
aperta hanno espresso «contrarietà e tristezza spirituale, culturale ed
etica». Cosa sia la «tristezza etica» non è dato sapere ma, è ancora il caso
di dirlo, sorvoliamo.
La lettera terminava con un invito all’Illy, certo per emendarsi, «a
partecipare alla Via Crucis del 28 marzo da Pordenone alla base di Aviano
per segnalare che le vie della pace sono la spiritualità, l’incontro, il
dialogo e non le armi, i missili, gli F-16».
Proprio così, perentorio: «la spiritualità, l’incontro, il dialogo». La
mente corre a Bartolomé de Las Casas: sì, il domenicano nominato da Carlo V
«protettore degli indios». Convinto assertore della pace tramite la
spiritualità, l’incontro e il dialogo, mandò nei territori degli Apaches una
missione pacifica di frati e contadini.
Vennero tutti massacrati. Il governatore spagnolo del Messico, allora,
infischiandosene delle direttive del Las Casas, mandò avanti i soldati. Da
quel momento ci fu la pace. Anzi, molti indiani chiesero il battesimo.
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