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di Rino Cammilleri
Senza che nessuno l’abbia imposto e neppure consigliato e neanche suggerito,
si è andato affermando nelle chiese, durante la messa, l’uso di recitare
coralmente il padrenostro tenendo le palme delle mani aperte.
Questo è l’unico gesto che viene ormai eseguito nel corso della celebrazioni
(sì, c’è l’inginocchiamento durante la consacrazione e/o dopo la comunione,
ma è vario ed eventuale). Il resto del tempo, le mani stanno ciondoloni o a
dita intrecciate o in grembo o dietro la schiena. Qualcuno le tiene in
tasca, certo, ma dei maleducati qui non discorriamo.
Un tempo, non molto tempo fa, «pregare» era indissolubilmente legato al
gesto delle mani giunte. Lo si fa ancora, d’istinto, quando supplichiamo
qualcuno di darci retta. L’origine del gesto risale ai tempi dei
feudalesimo, quando il vassallo prestava giuramento in ginocchio ponendo le
sue mani giunte tra quelle del suo signore, cui prometteva fedeltà e da cui
si aspettava protezione.
Era l’«omaggio», il cui etimo vale a dire «io sono uomo tuo». Va da sé che
la cosa fu applicata, a maggior ragione, col Signore di tutti. E tale rimase
per più di mille anni. Certo, il feudalesimo è sparito da un pezzo ma il
Signore è ancora lì e, anche se siamo ormai avvezzi alla democrazia
egualitaria, Egli è Re dell’Universo di diritto, non presidente eletto dal
popolo.
Dunque, il pregarLo a mani giunte conserverebbe intatto tutto il suo
significato. A mani aperte pregavano gli antichi, quelli più antichi del
Medioevo. Non sarà che l’uggia per la cosiddetta «Chiesa costantiniana»
abbia indotto a riesumare quel vecchio modo di pregare che accomunava i
cristiani dei primi secoli agli ebrei e ai pagani? La stessa mania che ha
fatto venire in fastidio il latino a favore del greco («catechesi», «kerigma»
etc.), quel greco che si ritiene venisse usato nella liturgia prima del
latino (invece non è vero, come ho dimostrato nel mio libro Il quadrato
magico).
Insomma, per vedere mani giunte ormai bisogna andare in India. Infatti, le
suore di Madre Teresa così salutano; non credo che, a messa, cambino
abitudini.
Ah, ovviamente, non ho neanche preso in considerazione quell’altra abitudine
padrenostrale, quella di tenersi tutti per mano. Alla fine della quale vien
voglia, chissà perché, di dire: «…e ora, tutti giù per terra».
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