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di Rino Cammilleri
Sull’«Avvenire» del 7 dicembre u.s. ho letto un’intervista a un responsabile
delle indagini sulla cosiddetta pedofilia on line.
Da essa risulta che, dopo anni di investigazioni e arresti, il pedofilo-tipo
appare completamente diverso da come ce lo saremmo aspettato. Infatti,
grazie a certi film americani, eravamo convinti che questa perversione fosse
stata indotta, nei complicati meccanismi della psiche, da abusi sessuali
subiti nell’infanzia.
Invece, no: la stragrande maggioranza di vittime di abusi infantili è
costituita da bambine, laddove la quasi totalità dei pedofili è di sesso
maschile. Un’altra delle idées reçues sull’argomento è la
convinzione, chissà come acriticamente indotta, che i pedofili siano
mediamente dei maniaci sessuali, gente socialmente marginale e
psicologicamente tarata.
Macchè: si tratta di persone provviste di diploma e anche di laurea, di
reddito medio-alto e totalmente prive di precedenti penali, neanche per
reati connessi al sesso. La sorpresa maggiore la riserva l’età media dei
denunciati: dai venti ai quarant’anni, con un picco nei trentenni. Dunque,
non si tratta di gente cui la vecchia morale “repressiva” pre-Sessantotto ha
deviato gli impulsi erotici, bensì di figli della rivoluzione sessuale
(l’unica vittoria di quegli «anni formidabili») e del permissivismo.
Infatti, sempre stando allo studio del criminologo di cui sopra, costoro
propugnano un’ideologia pedofila e cercano di far sì che la loro
devianza sia riconosciuta come semplice «orientamento sessuale».
Chi ha una certa età ricorderà che negli anni sessantottardi circolavano,
oltre ai manuali di guerriglia urbana e a quelli per costituire «collettivi»
e «comuni», pamphlets che inneggiavano alla «sessualità dei bambini». Uova
di drago che, allo spuntare del «sol dell’avvenire», regolarmente hanno
cominciato a schiudersi.
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