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di Rino Cammilleri
Concilio Vaticano II, costituzione Sacrosanctum concilium, n. 116:
«La Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della liturgia
romana: perciò, nelle azioni liturgiche, a parità di condizioni, gli si
riservi il posto principale».
Ora, stupisce come le “novità” apportate nella liturgia dopo quel Concilio
siano contro la lettera di quello stesso Concilio. Nelle chiese il
frastuono (non si può definire diversamente) prodotto da due, tre e anche
quattro chitarre colpite a zampate con tanto di plettro e, per giunta,
amplicate dai microfoni sfonda i timpani a ogni celebrazione.
Macchè gregoriano, poi: pinchipallini qualsiasi, improvvisatisi
«compositori», hanno prodotto centinaia di «canti» talmente banali e anonimi
da dover essere indicati da un numero («…adesso facciamo il canto n. 315!»).
Antichi edifici sacri, costruiti in modo che l’acustica vi fosse perfetta,
vengono squassati dagli amplificatori, perché ormai non c’è chiesa senza
microfoni.
Come mai è accaduto questo? Il noto settimanale «Famiglia cristiana» allega
a ogni numero un volume di arte sacra, accompagnato da slogan pubblicitari
che inneggiano alla «bellezza prodotta in duemila anni dal cristianesimo».
Una bellezza che proprio i preti, nelle loro chiese, si affannano e negare.
A che diavolo (è il caso di dirlo) serve il canto profano sempre e comunque,
anche quando ci sarebbero gli spazi di silenzio?
Si ha paura che, altrimenti, i «giovani» non vengano più? A parte il fatto
che certi «giovani» intenti a zappare sulle loro chitarre hanno una mezza
calvizie grigia, siamo sicuri che un corso di gregoriano non sia atto a
interessarli, i giovani? E poi, diciamola tutta: se uno frequenta la chiesa
solo perché gli si permette di esibirsi suonando e cantando, è così
sbagliato indicargli cortesemente la porta?
Basta dirgli che per strimpellare il pop ci sono i circoli Arci, in
chiesa c’è il canto sacro. Ma è come lavare la testa all’asino, lo so,
perché in giro c’è aria di crisi di fede. La liturgia è la preghiera corale
del popolo cattolico: offrire a Dio lo sciatto, il brutto e il raffazzonato
rasenta il peccato. Se si vedesse una tela del Masaccio o del Pinturicchio
usata come coperchio non si esclamerebbe forse «Ma è un peccato!»? Infatti,
è un gran peccato entrare in una cattedrale e sentire che il «paroliere» non
ha neanche fatto la fatica di cercare la rima.
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