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di Rino Cammilleri
Fossi un vecchio conservatore, di quelli che scuotono il capo e brontolano
seduti su una panchina, direi «dove andremo a finire?». Ma non sono (ancora)
vecchio e non mi sembra ci sia rimasto granchè da conservare, visto che nel
«dove» ci siamo già finiti da un pezzo.
Così, non mi resta che sogghignare beffardo all’indirizzo di quei pettoruti
gerarchi fascisti, che spandevano sulle spiagge e sui lidi (quello veneziano
soprattutto) la loro “romana” eterosessualità facendosi immortalare in pose
virili con corteo di amanti (femmine) e telefoni bianchi (di bachelite).
Già, perché la balneazione di massa fu loro invenzione, basta leggere i nomi
delle vie di Rimini e Riccione (o vedere il felliniano Amarcord) per
sincerarsene. E loro fiore all’occhiello fu il Festival cinematografico di
Venezia, il primo al mondo, di cui il Duce andava particolarmente
fiero (la sua frase «la cinematografia è l’arma più forte»
campeggiava sull’ingresso degli appena inaugurati studi di Cinecittà).
Caduto il regime, le sinistre occuparono la Casa del Fascio romana (in via
delle Botteghe Oscure) e, con calma, anche il Festival veneziano, dove ancor
oggi registi osannati possono salutare folla e stampa col pugno chiuso di
comunista memoria. Pare che dall’anno prossimo Venezia molto probabilmente
vedrà un premio speciale dedicato alla cinematografia gay, caldeggiato
dall’attuale direttore della Mostra, Moritz De Hadeln (stando, almeno, a
quanto riporta l’indiscreta agenzia Corrispondenza romana del 30
agosto u.s., che ha ripreso la notizia da «Il Tempo» del 24 agosto). Il
quale aveva proposto, con successo, iniziativa analoga al Festival di
Berlino, ricevendo gli elogi della comunità gay tedesca. Il premio
berlinese, cito testuale. «ha favorito la produzione e la diffusione di
questo genere di pellicole, dapprima inesistenti».
Così, anche l’Italia, dall’anno prossimo, potrebbe godere del beneficio.
Solo che qui c’è la Chiesa e le associazioni di genitori. Dunque,
prepariamoci al «vivace dibattito» tra «progressisti» e «oscurantisti
medievali».
Che si concluderà, come al solito, con la vittoria almeno «morale» dei primi
(nella peggiore delle ipotesi, incasseranno una golosa pubblicità). Un
commosso pensiero va agli ideatori del Festival veneziano; là dove si
trovano attualmente avranno un ulteriore motivo per meditare sulla frase che
segue: quando ci si imbarca in guerre, è meglio vincerle.
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