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di Rino Cammilleri
Confesso di non averci pensato. Eggià: se la droga venisse
legalizzata perchè poliziotti, giudici, piloti di linea, non dovrebbero
farne uso? Il fatto è che un’ipotesi del genere si è già realizzata, in
Olanda, dove nei cosiddetti coffee shop si può comprare marijuana.
E qui è inutile mettersi a bizantineggiare distinguendo fra droghe «leggere»
e «pesanti», come l’esempio che segue provvederà a chiarire. L’agenzia
«Corrispondenza romana» del 20 settembre u.s. ci informa che proprio in
Olanda un documentario televisivo ha scatenato serie polemiche al riguardo.
In detto documentario numerosi intervistati testimoniavano di aver dovuto
soccorrere poliziotti in pieno stato confusionale per fumo di spinelli.
Nel centro di Amsterdam. Se non si volesse prestar fede alle testimonianze,
la trasmissione rincarava la dose affidandosi alla spietatezza delle
immagini: si vedevano poliziotti scambiarsi cocaina e pasticche di ecstasy
dentro i commissariati. Ma torniamo alle droghe «leggere» (domanda:
l’ecstasy è leggera o pesante?).
Che poi sarebbero solo una, la marijuana.
E’ uno stupefacente o no?
Pare di sì, visto che, a differenza delle sigarette di tabacco e nella
migliore delle ipotesi, procura stordimento. L’acquisto «fuori servizio»,
poi, non sembra ridurre granchè la «perdita d’immagine» (se vogliamo parlare
del minimo), visto che il servizio può cominciare pochi minuti dopo.
D’altra parte, quando mai un poliziotto può dirsi privato cittadino? Può
egli rifiutarsi di compiere un arresto in flagranza di reato con la scusa
che il suo turno è scaduto? Ancora: accanto allo stordimento e agli stati
confusionale e di esaltazione vanno messe tutte quelle condizioni alterate
di coscienza e percezione che non vorremmo proprio in un tutore dell’ordine.
Nemmeno in un giudice. Né, ovviamente, in un conducente di mezzo pubblico.
Sì, perché se l’ubriachezza da alcool è altrettanto incresciosa, la sbronza
è sempre immediatamente visibile, laddove l’essere sotto i fumi di una
spinellata non sempre lo è. Il governo olandese, subissato di interrogazioni
parlamentari, sta cercando di correre ai ripari. Cosa farà, vieterà ai
poliziotti l’ingresso nei coffe shop?
E, dunque, il consumo di droghe «leggere» anche fuori servizio? Ma qualcuno
avverte l’incongruenza: perchè quel che è vietato ai poliziotti dovrebbe
essere permesso agli altri cittadini? La via più spiccia, riconosciuto che
il consumo di stupefacenti, «leggeri» o «pesanti», è socialmente dannoso, è
quella di vietarli tutti tout court.
Sì, perché la legalizzazione delle droghe «leggere», laddove è avvenuta, ha
solo moltiplicato il numero degli stupefatti.
E non ha stroncato il traffico perché i trafficanti, visto scemare il
guadagno, si sono buttati in massa sul «pesante».
Che fare, allora, legalizzare tutto? In fondo, un malinteso liberalismo
potrebbe far propendere verso un ragionamento di questo tipo: ognuno deve
essere libero di suicidarsi quando e come vuole, anche «a rate» (è il caso,
a detta degli psichiatri, della tossicodipendenza). Invece no: questo
individualismo totale non tiene conto di qualcosa che lo supera, il bene
comune. Siamo tutti sulla stessa barca e quando qualcuno si chiama fuori
agli altri tocca remare al suo posto.
I ministeri della salute scatenano battaglie omeriche, contro il tabagismo e
per l’uso in auto della cintura di sicurezza, forti di un unico argomento:
la spesa sanitaria.
Ebbene, quanto costa ai contribuenti il «recupero» di un drogato? Sempre che
davvero si riesca a recuperarlo.
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