Antidoti


Gay School

Scuola, ghetto o vetrina?

Gay School
 

 

di Rino Cammilleri


E’ incredibile quanto le regole del politically correct siano una fisarmonica. Purchè suoni la musica desiderata, si apre, si chiude, si tira e si strizza.

Così, dette regole a volte vengono rigorosamente applicate e guai a chi stecca; altre, sono semplicemente disattese e guai a chi dissona. Dunque, da una parte il comando imprescindibile è «integrazione». Specie nelle scuole. Si cominciò con le classi rigorosamente miste, maschi e femmine (dove, però, ognuno andava a sedersi con quelli del suo sesso, parola di testimone oculare). Poi si passò al mix anche nell’educazione fisica.

Venne la volta, indi, dei portatori di handicap (con i famosi «insegnanti di sostegno» che, non di rado, vincoli e intralci burocratici fornivano ad anno scolastico inoltrato se non finito). Infine, venne la volta degli zingari e di tutte le altre etnie cultural-religiose immigrate. Pensavamo che per gli omosessuali non ci fosse bisogno di campagne e leggi apposite, tanto la loro integrazione era assodata e sentita come pacifica. Invece, ecco il ribaltone: a New York apre una scuola solo per loro (notizia del 27 luglio u.s.).

Con tanto di finanziamento pubblico da parte del comune. Ma come, non si era detto «no alla discriminazione»? Infatti, se c’era un posto dove gli adolescenti con tendenze omosessuali non venivano discriminati era proprio la scuola. Com’è noto, c’è stato qualche problema, a suo tempo, per esempio per le forze armate. Ma adesso è superato. Niente, una scuola letteralmente diversa.

Qualcuno, ovviamente fra i conservatori, ha fatto osservare che certe cose assomigliano ai ghetti o agli autoghetti (in effetti, il ghetto storico, quello ebraico, non cominciò come separazione imposta bensì come quartiere a parte, provvisto di cancelli, richiesto quale condizione per lo stanziamento).

Si tratta, tanto per far nomi, di Mike Long, presidente del partito conservatore dello stato di New York. Il quale, sarcasticamente, si chiede, a questo punto, perché non aprire scuole per adolescenti grassi o con gli occhiali. Forse dimentica che i grassi sono politicamente scorrettissimi e non devono nemmeno esistere, così come i fumatori. Gli occhialuti, poi, spariranno in breve tempo grazie alla chirurgia-laser. Dunque, nessun problema. Quella scuola non è un ghetto. Che sia una vetrina?
 

 

Antidoti: «Scuola, ghetto o vetrina? Gay School», di Rino Cammilleri, 02 Settembre 2003

 

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