Ebrei

 

L’Istituto Stephen Roth presenta uno studio
sull’odio per gli ebrei

Spettri antisemiti
il giorno della Shoah

 

 

di Fiamma Nirenstein

GERUSALEMME

ARIEL Sharon, seduto nel buio alla cerimonia centrale del giorno della memoria era insolitamente teso. Era molto freddo di notte nel giardino del Museo della Shoah a Gerusalemme, e i sei testimoni, in nome dei Sei Milioni, prima di accendere il loro braciere, raccontavano le loro memorie della rivolta del Ghetto di Varsavia, la prima rivolta organizzata nella Germania occupata dai nazisti.

Hela Schepper Rufeisen, nata nel 1921, prima di accendere la torcia per esempio ha detto senza che le tremasse la voce: «Prima di tutto noi giovani decidemmo di rendere la gente consapevole di quello che la aspettava. Io e altri ragazzi durante la notte attaccammo avvisi sul muro del ghetto di Varsavia : “non andate a morire come pecore, Treblinka è la morte”». Hela poi viaggiò come staffetta e procacciatrice di armi a Cracovia, tornò in tempo per combattere quasi fino alla morte finché il capo ventenne della rivolta Mordechai Anielewitch la mandò insieme ad altri nove compagni, attraverso il sistema delle fogne, nella parte ariana della città a cercare un aiuto che non servì a quegli eroi, ma servì poi a fondare la resistenza polacca ai nazisti.

Altre sei persone hanno accesso i bracieri, raccontato storie di Gvurah, di eroismo, la parola che la giovane Israele in lotta fin dalla nascita non rinunciò ad apporre sempre accanto alla parola Shoah: anche il Museo è «della Shoah e della Gvurah». Sharon continuava a seguire i testimoni molto concentrato, certo consapevole del fatto che durante la mattinata all’Università di Tel Aviv, proprio in occasione del giorno della memoria, era stato presentato dall’Istituto Stephen Roth per lo studio dell’antisemitismo contemporaneo, un’analisi del 2002 e dei primi del 2003.

Un’analisi devastante, in cui si vede che i mesi che stiamo vivendo sono segnati da un picco gli episodi di odio antisemita, con 360 attacchi armati agli ebrei e le loro istituzioni, con morti, feriti, incendi di sinagoghe in tutto il mondo, con il ripristino dei miti del disegno di dominio degli ebrei e di loro abitudini sanguinarie, con una demonizzazione costante di Israele ben al di là della legittima critica politica. Sharon alla cerimonia della memoria ha parlato con un intento politico inusitato, rivolgendosi più che altro all’interno, a Israele e agli ebrei della Diaspora: «Il popolo ebraico è sorto dall’abisso dell’Olocausto gravemente ferito, ma ancora in vita, e più saggio. Mai più un ebreo sarà senza aiuto e senza casa. Mai più metteremo la nostra difesa in mano di stranieri, non ci affideremo alla generosità altrui..»; poi però, temendo forse di essere andato troppo oltre il Primo Ministro Israeliano ha aggiunto: «Cerchiamo la pace con tutto il cuore, ma abbiamo imparato questa lezione: non è con la debolezza, non con la paura o con la timidezza che raggiungeremo la sicurezza e la pace, ma con il coraggio di guardare a ciò che è più prezioso e vitale per il nostro futuro».

Tutti i leader d’Israele, anche quelli come il presidente Moshè Katzav in viaggio con una delegazione di giovani ad Auschwitz o l’ex rabbino capo Lau, hanno celebrato questa giornata del ricordo con uno sguardo anche all’antisemitismo contemporaneo, fatto inusitato. «Vede - dice Dina Porat dell’Università di Tel Aviv - negli ultimi tempi è nato nella fantasia antisemita un nuovo asse del male, quello fra Israele, gli ebrei e gli Stati Uniti: circola dal tempo dell’undici settembre la ripugnante leggenda che gli ebrei sono in realtà coloro che hanno tirato i fili dell’attacco alle Twin Towers, onde suscitare la rappresaglia americana contro l’Iraq. Da qui deriva una teoria anch’essa molto in voga, ovvero che gli ebrei sono i veri ispiratori della guerra americana in Medio Oriente, e che ne progettano altre, così da essere sotto l’ala protettiva del loro amico americano, o peggio ancora, di utilizzarlo per un disegno di dominazione anche economico, con le mega compagnie ebraico-americane in marcia per occupare l’economia mondiale. Questo è il nuovo antisemitismo, e ripercorre identicamente la strada dei Protocolli dei Savi di Sion, uno dei libri base del nazismo, oggi best seller in quasi tutti i Paesi arabi, che spiega come gli ebrei congiurino per la conquista del mondo».

Dunque, la giornata della memoria ieri non ha avuto il medesimo volto di sempre, amareggiata dal conflitto in corso, dubitosa sul fatto che il suo nuovo interlocutore Abu Mazen sia autore di un testo che sostiene che i sionisti collaborarono con i nazisti per spingere gli ebrei a emigrare in Palestina, e che definisce gonfiato il numero degli uccisi dai nazisti. Ma soprattutto, sofferente perché non si è realizzata una delle più radicate convinzioni del sionismo, ovvero che con la nascita di Israele e quindi la normalizzazione dell’ebreo nel ruolo di cittadino, l'antisemitismo sarebbe cessato.La «Gvurà», il valore, l’eroismo, fin dai primi tempi dello Stato d’Israele era stato il motivo psicologico prescelto perché quel popolo in lotta per la costruzione dello Stato fosse in grado di sussumere la Shoah come parte della sua storia; poi, con il processo di pace, il tema era stato messo da parte, la memoria chiedeva solo di piangere in pace; oggi, torna di attualità.
 

 

Ebrei: «L’Istituto Stephen Roth presenta uno studio sull’odio per gli ebrei. Spettri antisemiti il giorno della Shoah», Fiamma Nirenstein, La Stampa, 30.4.2003

 

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