Palestinese

Israeliano

Intervista: Luoghi santi violati.
Il poeta Luzi: «Il male non è sconfitto»

Il Getsemani di Betlemme

«La resurrezione passa anche dall'orrore, che non è ancora vinto definitivamente»
«In Palestina un "buco nero" che riassume tutte le tragedie»

di Andrea Fagioli 



FIRENZE. «E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei la più piccola fra i capoluoghi di Giuda. Da te uscirà un capo che pascerà il mio popolo, Israele». Le parole del profeta, fatte rivibrare dal Vangelo, suonano oggi in modo drammatico: «Il luogo dov'è nata la Luce, sta precipitando nell'abisso delle tenebre. Su Betlemme - a giudizio di Mario Luzi - si sta rovesciando tutto il male. Quel male che purtroppo è presente nel mondo sin dalle origini e che in questo caso tocca l'estremo di brutalità e di perfidia. Gli uomini, come dice Giovanni, scelsero le tenebre e nelle tenebre continuano a starci».


E' ancora un Mario Luzi preoccupato per le sorti del mondo quello che accetta di riflettere con noi sul dramma della Terra Santa. Un Mario Luzi che pochi mesi fa, a proposito degli attentati contro gli Stati Uniti e della guerra in Afghanistan, si diceva «impressionato da un cataclisma nell'ordine dell'umano, dalla vita che si ritorce contro se stessa, che quasi si vuole autodistruggere». E lui che si sentiva «istintivamente coinvolto in quel processo, risucchiato in quel vortice».


Oggi, alle soglie degli 88 anni e dopo aver vissuto la tragedia di quei giorni ma anche tutte le atrocità del Novecento, appare ancora più sofferente di fronte all'incalzare delle notizie che arrivano dalla città dove Gesù è nato: «Siamo cristiani, comunque occidentali civilizzati dalla cultura cristiana e per questo soffriamo in modo particolare nell'apprendere quello che sta succedendo in Terra Santa e nel sapere che per il momento, ma poi per chissà quanto ancora,
non potremo recarci in quei luoghi dove sono le radici della nostra fede».


Professore, quando è stato l'ultima volta in Terra Santa?
«Quattro o cinque anni fa, una decina di giorni a Gerusalemme. Era un periodo all'apparenza tranquillo. Israeliani e palestinesi sembravano più vicini. Le trattative erano in una fase positiva. Eppure, in mezzo a quella calma apparente, sentivo lo stesso la presenza dell'odio, avvertivo nell'atmosfera un elemento in più, un senso di rancore. "Qui la pace non arriverà mai", mi dicevo. Ora non voglio confermare quelle parole, voglio solo confidare un'emozione avuta, un'impressione emotiva».


Ma era solo un'impressione o qualcosa di più?
«Forse c'era anche la consapevolezza che quello è il "buco nero" di un malessere e di un disagio che coinvolge tutto il pianeta. Il "buco nero" di un processo di grande trasformazione dell'equilibrio dell'umanità su questo pianeta. È un qualcosa che ci sovrasta e a cui non siamo evidentemente preparati. C'è uno squilibrio nell'ordine planetario che va cercando di assestarsi. E' l'umanità che è tutta in pena, in sofferenza e quindi alla ricerca di un equilibrio. C'è un qualcosa che sovrasta l'abilità, la forza e anche la saggezza e la volontà dei politici. C'è un qualcosa che è al di sopra di noi. Non è soltanto questione di poveri e di ricchi: è questione di una parte dell'umanità che cerca la sua sede, il suo respiro, che le viene negato da alcuni che hanno il potere di negarglielo».


La questione israelo-palestinese si inserisce dunque, a suo giudizio, in questo quadro più generale e più complesso?
«In Israele e in Palestina questo squilibrio assume un aspetto inveterato, velenoso, forse più che in altri luoghi. Alle spalle ci sono le catastrofi apocalittiche dell'umanità, come l'Olocausto. Ma non è detto che possa verificarsi anche in altri Luoghi santi per altre religioni. Le punte di abominio che si generano per tanti errori, per tante inadempienze, per tante perfidie dell'umanità sono poi ingovernabili in qualunque posto accadono. Il problema è che in questo momento stanno assumendo un aspetto perfido, accanito, diabolico
proprio in Terra Santa. Lì si registra un ingorgo di avversità tale da creare una situazione inestricabile dal punto di vista della logica. Ci sono causa ed effetto, ma le conseguenze sono al di là dell'immaginabile, sono di altra natura. C'è qualcosa di veramente superiore alle intenzioni umane. Sembra che tutto rientri nel "di più" che la Terra Santa ha avuto in sorte, nel bene e nel male. Comunque, le cose cambieranno, non so ancora in che modo, ma cambieranno».


Nella Via Crucis che scrisse per il Papa, lei sosteneva che la Resurrezione passa attraverso "luoghi orrendi". Può essere questo uno dei passaggi "orrendi" che portano alla Resurrezione?
«E' la speranza paradossale del cristiano: non far coincidere la bruta realtà del momento con il senso finale, con la teleologia. Personalmente questa speranza ce l'ho. Senza la Resurrezione tutto sarebbe stato fatto invano e avremmo veramente perduto il nostro tempo, avremmo sofferto e saremmo stati tribolati inutilmente. In questo senso, dai "luoghi orrendi" passa la via della Resurrezione. E' un contrasto molto forte, che anche Cristo vive da vicino con la coscienza che la crocifissione è il prezzo del riscatto umano, che si completa con la Resurrezione. Per questo le cose, anche in Terra Santa, dovranno modificarsi. Ci sono dei momenti di caduta che il mistero della divinità risarcisce facendo rinascere la speranza. Quello del male resta comunque il mistero dei misteri.
Il male non è stato definitivamente sconfitto e in quello che sta accadendo a Betlemme in queste ore c'è la dimostrazione della sua presenza».




Basilica di Betlemme

Andrea Fagioli,
Avvenire, Giovedì 04 Aprile 2002