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di Andrea Tornielli (Il
Giornale)
«Com’era accaduto
per le famose vignette su Maometto, c’è qualcuno che cerca di
provocare delle reazioni e di aizzare le piazze. La maggior
parte degli esponenti musulmani che hanno criticato Benedetto
XVI non hanno letto il testo del Papa ma soltanto qualche lancio
delle agenzie di informazione». Padre Samir Khalil Samir,
gesuita egiziano, docente di storia e cultura araba e di
islamologia all’università Saint-Joseph di Beirut, uno dei
massimi esperti cattolici dell’islam, è addolorato per le
critiche piovute su Ratzinger dopo il discorso tenuto
all’università di Ratisbona. Il sacerdote è uno degli esperti
che il pontefice ha consultato nelle giornate di studio dedicate
all’islam che si sono svolte a porte chiuse a Castelgandolfo nel
settembre 2005.
Crede che ci sia chi vuole soffiare sul fuoco delle
polemiche?
«Molti esponenti islamici hanno reagito senza conoscere il
testo, ma solo qualche frase estrapolata e rilanciata dalle
agenzie di stampa internazionali».
Come giudica lei il discorso del pontefice?
«Era la lezione di un teologo, andava letta e riletta. Era una
prolusione accademica, fatta alla presenza dei rappresentanti
della scienza, in modo tipicamente tedesco, con abbondanti
citazioni e critica dei testi. Ed è stato invece rilanciato a
mo’ di slogan in tutto il mondo: era evidente che così si
sarebbe provocata la reazione di chi non aveva letto il testo
integrale. Ho contato le parole del discorso in tedesco: 3.565
in tutto e di queste appena 373, vale a dire soltanto il dieci
per cento, erano dedicate all’Islam. Dunque non era un discorso
sull’Islam, ma su fede, ragione e università».
Qual era il messaggio che il Papa voleva mandare?
«Voleva parlare all’Occidente per affermare che
quello del rapporto tra fede e ragione è un problema
fondamentale, e criticare una certa concezione riduttiva della
ragione fatta nell’epoca moderna. Così è partito da un libro
letto di recente e dall’episodio del dialogo tra Manuele II
Paleologo con il dotto persiano, citando due concetti: la
violenza è irragionevole e l’irrazionalità è contraria alla
natura di Dio e dell’uomo… ».
È però innegabile che abbia parlato dell’Islam
criticando l’uso della violenza…
«Il Papa ha detto che la violenza è contraria alla ragione, e
questo riguarda una certa concezione musulmana che usa la
violenza per difendere Dio. Benedetto XVI propone una via
umanistica all’Occidente secolarizzato, invitandolo a non
relegare la dimensione religiosa nell’ambito soggettivo, e parla
al tempo stesso al mondo musulmano dicendogli che non si può
usare la religione per giustificare odio, terrorismo e violenza.
Così facendo, il Papa propone un vero dialogo universale. Lo
propone a tutti: agli agnostici e agli scettici, agli ebrei e ai
musulmani, ai cristiani secolarizzati. Propone un illuminismo
autentico che includa la dimensione spirituale».
Non crede che sarebbe stato opportuno, per evitare
fraintendimenti e reazioni, non fare la citazione riguardante
Maometto?
«Se si fosse trattato di un’omelia o di un’enciclica, sì. Ma qui
si trattava di un discorso accademico, con citazioni e commenti.
Per capire l’autentico spirito di Benedetto XVI basta ricordare
che in quel testo Ratzinger ha citato soltanto una sura del
Corano, quella sempre ricordata dal mondo musulmano e che si
esprime in favore della libertà di coscienza. Non ha invece
citato altri versetti coranici che invece giustificano la
violenza. In ogni caso il dialogo non si fa nascondendo la
verità, ma dicendola».
Che cosa bisogna fare per dialogare con l’Islam?
«Bisogna riconoscere che nel Corano c’è
un’apertura alla tolleranza, ma anche un’istigazione alla
violenza. Bisogna riconoscere che il terrorismo non nasce
soltanto da motivazioni sociopolitiche ma anche da
un’interpretazione di passi innegabilmente violenti del testo
coranico. La soluzione è quella suggerita dal Papa, l’uso della
ragione». |