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di
Magdi Allam
È l'apoteosi della cultura della morte. Lo sgozzamento, la decapitazione e
lo scempio del cadavere dei «nemici dell'islam» sono stati elevati da Al
Qaeda a strumento principe della sua guerra santa per costringere i
«miscredenti» ad abbandonare l'Arabia Saudita, l'Iraq e l'insieme dei Paesi
musulmani. Le terrificanti immagini della testa mozzata dell'americano Paul
Marshall Johnson, rapito a Riad lo scorso 12 giugno, suonano come la più
barbara violazione del valore della sacralità della vita, il fulcro della
nostra civiltà. Nella mente folle dei suoi assassini si tratterebbe di una
condanna eterna, perché il corpo mutilato di un «infedele» non si
ricomporrebbe nel giorno del Giudizio universale.
Dopo
le autobombe e i kamikaze, il terrorismo islamico è passato a un
livello più alto di ferocia nei confronti della singola persona. Atto
disumani del tutto consoni a un'ideologia che legittima il massacro
indiscriminato dei civili, per il semplice fatto di far parte di una società
tacciata come «atea» o «apostata».
E' l'arma più temibile e di maggior successo dei terroristi. Perché
garantisce la diffusione e il radicamento della paura tra le popolazioni
occidentali, grazie alla loro eccezionale capacità di manipolazione dei
media, in particolar modo di Internet.
Un'arma in grado di scatenare sentimenti di impotenza e umiliazione, di
provocare atteggiamenti di resa e di sconfitta.
Finendo per mettere l'opinione pubblica, preoccupata della
salvaguardia della vita dei propri cari, contro i governi occidentali che
devono tutelare l'interesse nazionale nonché l'ordine mondiale.
Ciò che spaventa è che i terroristi sauditi si muovono in simbiosi con
l'ideologia e la cultura dominante nel Paese. Per decenni la famiglia reale
promosso la versione estremista wahhabita dell'islam, ha favorito la
diffusione di una cultura fanatica, intollerante e violenta. Non è un caso
che Osama bin Laden e 15 dei 19 dirottatori-kamikaze dell'11 settembre siano
sauditi.
Questi
terroristi sanno di poter contare sulla simpatia e sul sostegno di
ampie fasce popolari che sono state indottrinate alla cultura della «guerra
santa» e del «martirio». Non sono estranei al tessuto sociale e culturale,
bensì parte integrante di esso. E’ il frutto di una
strategia folle della monarchia che ha trasformato la stessa Arabia Saudita
in un ingovernabile nido di vipere.
Il principe ereditario Abdallah, che finora non è stato attaccato di persona
da bin Laden, starebbe trattando una soluzione di compromesso. Ma è
difficile accordarsi con chi disconosce i valori fondanti della comune
civiltà dell'uomo, con chi mira a imporre un potere teocratico, sanguinario,
aggressivo e espansivo.
Preoccupa inoltre il fatto che i terroristi di Al Qaeda stiano
riuscendo nell'impresa di scatenare un'offensiva congiunta in Iraq e in
Arabia Saudita, stringendo d'assedio il Kuwait. I tre Paesi detengono
complessivamente metà delle riserve internazionali di greggio. Il quotidiano
Asharq al Awsat ha rivelato ieri che quattro terroristi kuwaitiani e uno
saudita si sono fatti recentemente esplodere in attentati suicidi a Bagdad.
Un patto di sangue che dovrebbe suggellare il comune destino dell'intera
regione del Golfo.
L'unica nota positiva è il cambiamento di tono da parte dei media
arabi legati al governo saudita. Come la televisione Al Arabiya. Ieri il
conduttore di un talk-show serale ha detto: «Questo terrorismo è il male
assoluto, basta con il riversare tutte le cause dei nostri mali sulla
questione palestinese». L'ospite in studio Ayman al Saqdi, direttore della
tv giordana, ha affermato: «I terroristi sono nostri nemici ancor più di
quanto non siano nemici dell'Occidente, hanno ucciso più musulmani che
occidentali». Potrebbe essere l'inizio di una riscossa. Un'impresa ardua.
Forse è già tardi per impedire la catastrofe.
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Islam:
«Lo sgozzamento, la decapitazione e lo scempio del cadavere dei "nemici
dell'islam" sono stati elevati da Al Qaeda a strumento principe della sua
guerra santa per costringere i «miscredenti» ad abbandonare l'Arabia
Saudita, l'Iraq e l'insieme dei Paesi musulmani. La cultura della morte», di Magdi Allam,
Il Corriere della
Sera, 19 giugno 2004
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