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di
Marina Corradi
«Credere che basti non esserci
in Iraq perché si affermi uno Stato di diritto è un grave errore. C’è una
continuità tra Khomeini, Saddam e Bin Laden»
André
Glucksmann ha appena pubblicato un nuovo saggio, L'Ouest contre l'Ouest,
da pochi giorni nelle librerie francesi. La tesi: l'Occidente, invece che
dividersi in pro e contro Bush, amici e nemici degli Usa, farebbe meglio a
guardar bene dov'è, il vero nemico. Che è dalle parti dell'Iraq, ma non
soltanto lì. Il vero nemico è, dice il filosofo, una sorta di occulta
alleanza fra registi di caos: Saddam e Bin Laden e altre guide di un
terrorismo, che dell'Islam si serve in un disegno totalitarista e, al fondo,
di pura distruzione. Come una riedizione delle ideologie che hanno segnato
di tragedia il ventesimo secolo. Una voce molto autorevole, quella di
Glucksmann, ma isolata tra gli intellettuali, e non solo francesi. Un
pessimista potrebbe obiettare che i profeti sono spesso inascoltati.
Intanto, l'Europa è distratta, e a stento si ricorda dell'11 settembre di
due anni fa.
Professor Glucksmann, dopo
l'attentato contro la sede dell'Onu a Bagdad, lei ha detto che è ormai
evidente come il terrorismo islamico voglia soltanto distruggere, come
voglia, letteralmente, il nulla, ponendosi come una nuova forma di
nichilismo nella storia. E' questo, ciò che lei rimprovera a molti europei,
e soprattutto alla Francia, di non volere capire?
«Mi ha addolorato che una parte dell'Europa non abbia voluto prendere
parte alla liberazione dell'Iraq oppresso da Saddam Hussein, e al tentativo
di stabilire in quel paese almeno due cose fondamentali: uno Stato di
diritto, e la democrazia, o almeno quanto più democrazia è possibile in
questo momento. Ma dopo l'attentato contro l'Onu a Baghdad, e quello contro
l'ambasciata di Giordania, e l'assassinio dell'ayatollah Hakim, c'è un'altra
evidenza che salta agli occhi di un osservatore appena attento. Assistiamo
all'allargarsi di un terrorismo islamista che sembra segnato da un marchio
nichilista. Ha scritto un editorialista sul quotidiano libanese Al safir
commentando l'attentato di Baghdad: "Ciò che è successo ieri rivela una
mentalità distruttiva. Espelliamo tutti i mediatori. Cacciamo qualsiasi
organizzazione internazionale. Tagliamo l'elettricità e l'acqua. Chiudiamo
le università e le scuole. Che si blocchi la vita civile... Una forma di
nichilismo e di caos si nasconde dietro a slogan bugiardi". E gli europei
che pensano che questi terroristi rappresentino il loro popolo: ma come
possono farlo, se sabotano l'acquedotto e fanno morire di disidratazione i
loro stessi figli? Il credere poi, come molti europei fanno, che basti
l'assenza, il non esserci, perché la democrazia in Iraq ritorni, è un errore
molto grave».
Forse, banalmente, molti
europei pensano che in fondo l'Iraq è lontano, e che la questione non li
riguardi così da vicino...
«A questi europei risponderei che c'è una continuità fra Khomeini,
Saddam e Bin Laden, una continuità inquietante. Tutti e tre erano o sono
leader disposti a tutto, a ogni sacrificio di civili, e anche della propria
gente, pur di arrivare a ciò che si sono dati come obiettivo. L'obiettivo di
Khomeini era l'Arabia Saudita e quindi la conquista della Mecca; l'obiettivo
di Saddam era il Kuwait, non per il petrolio che ha già, ma per porsi come
uomo forte della regione; l'obiettivo di Bin Laden è di nuovo il dominio
sull'Arabia Saudita. Tutti, alla fine, avevano o hanno in mente il controllo
sulla Tomba del profeta, e quindi su oltre un miliardo di musulmani.
Disposti a tutto per questo, in un disegno totalitario, paragonabile a
quello del nazismo o del comunismo».
Lei ha dichiarato a "Le
Figaro magazine" che «il terrorismo islamista rimpiazza la laica "lotta
finale" del comunismo con un'apocalisse teologica, con effetti tuttavia
analoghi sulla società: questo terrorismo è dunque un vettore del terrore».
«Preciso che "islamismo" non è l'islam, ma è una utilizzazione
dell'islam fatta dagli ideatori di questi disegni. L'islamismo di cui parlo
può essere definito come la declinazione attuale di uno spirito distruttore
che la storia ha già più volte conosciuto. Si può distruggere in nome di
Allah, come di una razza o di una classe sociale. Ciò che accomuna è l'idea
di violenza redentrice, e il non fermarsi davanti a niente».
Lei, professore, è convinto
del pericolo che denuncia tanto da gridarlo ad alta voce, quasi solo tra gli
intellettuali, e non soltanto in Francia. Che effetto le fa, nella sua
certezza, quest'Europa che distratta guarda altrove?
«Di gente che, in presenza di un grave pericolo, sceglie di dormire.
Dicono: in fondo quello delle Twin Towers è stato un incidente, dovuto
all'arroganza, all'imperialismo degli americani. Però è significativo come
quell'area di Manhattan sia subito stata chiamata, e in tutto il mondo,
Ground Zero, come l'area in cui fu sperimentata la bomba atomica. Ground
Zero, piano zero, come se inconsciamente si avesse l'impressione di un
azzeramento, un dover ricominciare da capo. Quanto agli europei, dicono "no
alla guerra", ma la guerra è là, non ha mai lasciato il nostro orizzonte. È,
come scrisse Tucidide, una malattia cronica, e bisogna saperla fissare negli
occhi».
Cosa succede a una civiltà
che non vuole fissare negli occhi la guerra, nemmeno quando fosse veramente
necessario?
«Allora - sorride con amarezza Glucksmann - è la guerra che guarda
quella civiltà, e medita di farla esplodere nel bel mezzo del suo sonno, a
colpi di terrorismo e bombe umane».
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