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di
Gheddo Piero
E' opportuno esercitare pressioni sui paesi islamici per la
reciprocità in tema di diritti religiosi? Io penso che in
Italia concediamo a tutti, senza alcuna condizione, la
libertà religiosa perchè fa parte dei diritti fondamentali
dell'uomo. Però a livello politico (ma anche diplomatico,
culturale, massmediale) è giusto che il nostro paese
eserciti pressioni affinché la libertà religiosa venga
concessa in tutti i paesi, islamici e non islamici. I due
problemi sono indipendenti l'uno dall'altro: noi
concediamo la libertà religiosa anche ai cittadini di quei
paesi che non la concedono.
Però,
diciamo la verità.
Un secolo fa, nei paesi islamici i cristiani vivevano bene,
senza nessun pericolo di persecuzione. Questa è un prodotto
dei tempi moderni. Da quanto ho visto e sentito recentemente
in Bangladesh e in altri paesi musulmani,
il terrorismo di radici islamiche non è la lotta dei popoli
poveri contro quelli ricchi, ma la reazione di popoli
profondamente religiosi contro un modello di vita e di
sviluppo ateo, che sentono come una minaccia per la loro
identità.
Di qui la loro aggressività che giunge fino al terrorismo.
A noi europei gli immigrati islamici fanno paura perché
vengono con una forte identità e sentimento religioso (li
chiamiamo “integralisti”), mentre noi
l'identità e la vita cristiana le abbiamo perse o le siamo
perdendo: loro ci definiscono «atei, vecchi decadenti,
senza moralità».
E' difficile intendersi e convivere se partiamo da posizioni
così opposte.
Molti
oggi si chiedono: cosa fare per andare d'accordo con i
musulmani che vengono in casa nostra, e anche con quelli che
ci stanno di fronte sull'altra sponda del Mediterraneo? La
prima risposta è questa: noi europei, noi italiani
soprattutto, dobbiamo recuperare le radici della nostra
cultura e tradizione, che sono cristiane. Dobbiamo tornare a
Gesù Cristo e al Vangelo. Non con un'operazione
cosmetica, ma con un'autentica conversione a Cristo, a cui
ci chiamano continuamente il Papa e la Chiesa. Il senso
profondo del Giubileo era proprio questo: convertirci
a Cristo con la nostra vita. Per un motivo molto semplice: senza
radici e senza vita cristiana, noi siamo spiritualmente e
culturalmente vuoti, tecnicizzati e ricchi ma senz’anima,
“sazi e disperati” come diceva il cardinal Giacomo
Biffi dei bolognesi.
La conversione non si può comandare per legge, ci
mancherebbe altro. è un processo a cui ci provocano queste
masse di immigrati di cui abbiamo bisogno, ma che non
sappiamo più come fermare e integrare:
dobbiamo metterci bene in testa che le leggi ci vogliono, ma
non bastano. Dobbiamo cambiare vita, modello di sviluppo,
tornare al Vangelo. E'
un processo che chiama in causa le nostre coscienze e tutti
i soggetti educativi, famiglie, scuole, associazioni,
Chiesa, mass media, giornali e televisioni, partiti e
politica: ad esempio, togliere i segni religiosi cristiani
dai luoghi pubblici va in senso contrario. Ma il tema è
molto vasto, non si può esaurirlo in poche battute.
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