Terra
dell'Afghanistan, deserta, bruciata dal sole. Nel
deserto, un piccolo accampamento, tre-quattro tende, col
segno della Croce Rossa. E' un posto medico. Vi lavorano
due dottoresse occidentali, mettono gambe di legno a chi
è saltato su una mina. Ogni tanto passa un elicottero
occidentale, e porta gli arti costruiti di fresco. Da
terra le donne forniscono i dati via-radio: "Due
gambe, per maschio adulto, alto; una sola gamba, per
maschio giovane, basso; ...".
Dal
cielo piovono i paracadute,
bianchi, di carta. Mentre oscillano in aria, fanno
dondolare le gambe senza corpo: pare che scendano
paracadutisti tagliati a metà, senza la parte di sopra. A
terra, sulla sabbia, è un accorrere di uomini monchi,
senza la parte di sotto, puntellati sulle stampelle, verso
i paracadute più vicini: chi conquista due gambe piovute
dal cielo, se le tiene. E così tutti s'innestano gambe
sbagliate, troppo lunghe, troppo corte. Meglio che niente.
Con una o due gambe sbagliate lavori e vivi; senza gambe
non lavori e muori. Questa delle "gambe che scendono
dal cielo" è (era, fino ai bombardamenti americani)
una scena normale nella vita quotidiana in Afghanistan.
Oggi piovono pacchi-viveri.
Allora
piovevano gambe artificiali.
La scena-madre, quella che contiene e genera le altre, è
la più normale di tutte, e l'abbiamo vista tante volte: le
donne col burqa. Sono donne-cancellate, donne-vergogna,
donne-appendici. Quando
una famiglia afghana si fa una foto per i documenti, i
maschi sono scoperti, le donne sono nascoste dal burqa.
Il volto dei maschi garantisce l'identità delle donne.
Abbiamo sempre pensato che, se Bin Laden scappa, scappa
nascosto in un burqa. Scopriamo adesso (un regista
iraniano lo rivela), che quando passa un corteo di donne
in burqa, metà sono uomini. Uomini fuori posto, che
scappano dall'Afghanistan e non possono, o che rientrano e
non possono. In pieno deserto, ogni tanto c'è un posto di
blocco: un taleban e una donna in burqa. Il taleban non può
vedere le donne, e non fa il controllo. La sua aiutante in
burqa, equivalente ad una poliziotta, può, e controlla
tutti.
Gli
uomini scoperti in burqa vengono portati via. E' un
posto di blocco regolare. Ce ne sono di banditeschi:
uomini armati, anche talebani, che rapinano tutto. I
rapinati sono stati educati a ringraziare Allah per tutto,
e ora lo ringraziano, con voce cantilenante, anche per la
rapina. Nelle formule, Allah (per il quale il Corano ha
inventato 99 appellativi) è sempre chiamato
"clemente" e "misericordioso". Anche
la rapina è una forma di clemenza: tu non sai perché, ma
sai che lo è, e per quella clemenza devi ringraziare. Il
taleban rapinatore, intermediario fra Allah e te, intende
il ringraziamento come una presa d'atto della sua
generosità, in fondo non ti ha ucciso.
Oggi i giornali dicono che nei pacchi-viveri paracadutati
in Afghanistan, gli americani mettono una foto di New York
con le Due Torri, una foto senza le Due Torri, un mazzo di
fiori, e viveri. Le foto perché gli
afghani non sanno cos'è successo, non hanno giornali né
radio né tv. Non hanno informazione. E non hanno cultura.
Con
l'arrivo dei talebani,
su 30 milioni di abitanti la metà, le donne, non possono
studiare. L'incrocio fra donne che non possono studiare e
uomini che non possono vedere le donne, crea un problema
medico: esistono solo medici maschi, i quali non possono
visitare le donne. Possono controllare soltanto la bocca,
un occhio e un orecchio, attraverso un buco nella tenda. Tutti
i bambini vogliono diventare talebani, perché solo nelle
scuole coraniche c'è da mangiare.
Essere
taleban vuol dire vivere. E
così il cerchio si chiude: chi
segue il film "Viaggio
a Kandahar",
girato da un regista iraniano e quindi vicino alla cultura
che descrive, sente che il sistema talebanico è chiuso
come ogni sistema di casta: si può spezzare solo
dall'esterno, e solo con la forza.