Film

The Passion of the Christ, di Mel Gibson

Il film di Gibson: The Passion of the Christ

Inquietante.
Dalle sue piaghe siamo stati guariti

 

 
 di Don Pinuccio Mazzucchelli


Un fatto
Semplicemente e rigorosamente un fatto storico.
Così come ce lo hanno raccontato e tramandato dei testimoni oculari, le cui parole sono sostenute da tutta l'archeologia, la storia dell'antichità e i documenti dell'epoca.
L'unica critica che si può fare a Gibson è solo questa: si è limitato a narrare un fatto con totale realismo. Ciò che è accaduto, non quello che lui pensa.
Ma anche questa critica regge poco, perché l'aver giocato tutta la sua credibilità per fare un film del genere dice molto bene che questo fatto non è un fatto qualsiasi.
Le altre critiche sono false, architettate ad arte per non far vedere il film, perché questo film inquieta davvero.

Il film
Due ore e cinque minuti che non danno un attimo di tregua. Non si riesce a staccare l'attenzione neppure per un secondo. La lingua aramaica e latina aiutano totalmente in questa immedesimazione.
E i sottotitoli sono solo un aiuto per chi non conosce il testo del Vangelo; l'immagine è davvero tutto.
Si narra la morte di Gesù Cristo, considerato il Messia promesso dai suoi discepoli e visto come un impostore dal Sinedrio di Gerusalemme. Non era stato l'unico caso: molti prima di lui erano stati indicati come falsi inviati da Dio. Il Sinedrio, sottoposto al potere romano, aveva sempre portato avanti con decisione la lotta contro coloro che si autoproclamavano messia. Niente di nuovo dunque. Anzi era loro dovere.
Ma con questo Gesù la storia diviene altamente drammatica perché si proclama Dio.
Così deve morire.
Il film inizia con l'angoscia di Gesù nell'Orto degli Ulivi, angoscia reale, di un uomo vero. Chi ha sperimentato qualche istante di angoscia e non si è mai ritrovato nelle immaginette sdolcinate di tanti film di un Gesù solo un po' affannato, trova in queste immagini, in quest'uomo che soffre, la vera realtà. E poi la tentazione di essere disposti a tutto pur di stare meglio: entra in scena satana (uomo, donna, bambino, vecchio…?!) e la lotta diviene all'ultimo sangue: se segui il volere di Dio e muori in croce nessuno ti crederà, perché Dio non può perdere ma deve vincere. La Tentazione finale.
Poi tutto si svolge come narrano i Vangeli: tradimento, processo davanti al Sinedrio con alcuni tra i farisei che tentano di difenderlo e sono cacciati fuori; poi il governatore Pilato, la sua crisi e il tentativo di salvarlo. Pilato è presentato come lo racconta il Vangelo di Giovanni: serio, deciso, intelligente ma nello stesso tempo schiacciato dall'ipotesi di dover placare nel sangue una sommossa per salvare… chi?
Questo è il vero tema del film: perché quest'Uomo accetta di soffrire così? Chi è quest'Uomo?
Pilato non riesce a porsi fino in fondo questa domanda. Non può, non riesce, non vuole?
Ciascuno di noi è in Pilato.
La folla urla. Vogliono il sangue.
Così viene punito con la fustigazione.
Ma non basta. La croce, urlano, e Pilato, dopo averle provate tutte, acconsente.
Così Gesù oltraggiato e schernito viene ucciso, sul patibolo dei delinquenti.
Hanno vinto su di Lui. Egli ha perso. Non è Dio. Dio non può perdere.
Ma i vincitori si mutano in vinti. Gesù vince la morte.
Ancora oggi se ne parla.
Allora, spettatore, chi è per te Gesù?

La crudezza
Quando i testimoni raccontarono nei Vangeli ciò che era accaduto, non avevano bisogno di entrare nei dettagli. Chiunque sapeva cos'è una flagellazione, cos'è la morte in croce.
I Vangeli non insistono, come d'altronde Flavio Giuseppe - ebreo al seguito delle truppe Romane -, autore della Guerra Giudaica, quando racconta l'assedio di Gerusalemme e dice che ogni giorno venivano crocefissi circa 500 uomini che tentavano, fuggendo, di sfuggire l'assedio. Ed erano crocifissi nelle alture intorno a Gerusalemme, perché tutti in città vedessero cosa li aspettava.
Il film non è esageratamente crudo: dice come i Romani ammazzavano. E non erano i peggiori.
Durante la fustigazione spesso i condannati morivano dissanguati.
La croce poi era un supplizio: i condannati dovevano morire lentamente e soffrendo.
Così si insegnava al popolo l'obbedienza. Col terrore e col sangue.
Narra Tacito nel XV libro degli Annali (paragrafo XLIV) che Nerone, dopo l'incendio di Roma, aveva fatto crocifiggere molti cristiani: alcuni in basso per essere dilaniati dai cani, altri più in alto; venuta la sera, cosparsi di bitume, avevano illuminato, bruciando, la festa che si svolgeva nei suoi giardini.
La crocifissione di Gesù non era arrivata a tanto.
Era semplicemente morto in croce.
Ma per noi fustigazione e morte di croce sono parole poco evocative. Dalla conversione di Costantino in poi la crocifissione era stata abolita.
Questo film ci racconta semplicemente la verità di questo supplizio.
E la domanda torna: perché quest'Uomo innocente e mite, accetta tutto questo su di Sé?

I colpevoli e i salvati
Gesù, lo si capisce bene, non muore per colpa di chi l'ha voluto morto e per colpa di chi l'ha ucciso. C'è molto di più. La figura di satana presente in tutto il film e vinta nel momento della morte dice ciò che i Vangeli dicono: Gesù muore per colpa del male, che seduce tutti. Il mio male. Il male di tutti gli uomini.
Con una sola eccezione: Maria, la Madre.
Nel film la figura di questa donna, esattamente come raccontano i Vangeli, è il punto attraverso cui l'umanità può capire chi è Gesù e accettare di essere salvata. Accettare che Lui salvi.
Lei accetta che Lui si offra. E si offre con Lui.
La scena del bacio ai piedi insanguinati, o la corsa a sollevarlo come quando era caduto da piccolo sono straordinarie e bellissime.
E attraverso di Lei si arriva ad accettare la morte di Gesù per noi.
Lui ci salva, non noi. Per questo accetta di essere conciato così, per noi.
"Chi è quella donna", dice il centurione, e si sente rispondere che è la Madre del Nazareno. E inizia il percorso che lo porterà ad essere inondato dal suo sangue mentre gli trafigge il fianco, e a credere che quel sangue lo salva.
Maria, la Chiesa, i Sacramenti: mentre Gesù viene issato sulla croce si rivede il momento in cui spezza il pane nell'Ultima Cena.

Conclusione
Mentre, come narra il Vangelo di Giovanni, la sindone si "affloscia" e Gesù ne esce vivo, si conclude il film.
Porta in Sé i segni della Sua Morte. Ed esce.
Il film finisce e l'inquietudine è al massimo.
Allora Chi è quest'Uomo.
Come farne esperienza oggi?
Come essere certi di ciò che dicono i Vangeli?
Se è veramente Vivo, come incontrarlo oggi?
Come in una sacra rappresentazione, come nella Via Crucis della tradizione cristiana, lo scopo è di commuovere: cioè spingere ciascuno di noi a prendere posizione.
Oppure a lavarsene le mani.
Forse a volerlo morto per non sentire l'inquietudine.
Già l'inquietudine: questo film scuote perché inquieta tutti, non credenti e credenti.
Anche perché non si può partecipare al Sacrificio della Messa senza essere inquietati.
Perché si è lasciato uccidere così: forse per me?
Un fatto che pretende di essere il senso di tutti i fatti, di ciascun fatto della mia vita e della vita del mondo. Un Uomo che pretende di essere il senso di ogni scelta sociale, politica, economica e personale.
E mentre ci si domanda, durante la proiezione, "allora quando muore?" perché non si sopporta di vedere tanto dolore, vengono in mente le agonie interminabili dei nostri cari, le sofferenze atroci di milioni di uomini, donne e bambini uccisi dai tanti poteri ideologici e illusori del nostro mondo.
Quando finisce?
Quando io prendo posizione di fronte a questa inquietudine.
Lui mette al centro la mia libertà di fronte al Suo Amore.
Un film da vedere!
In ginocchio.

 

 

Film: «Il film di Gibson: The Passion of the Christ. Inquietante. Dalle sue piaghe siamo stati guariti», di Don Pinuccio Mazzucchelli, CulturaCattolica.it,  26.02.2004

 

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