The Passion of the Christ, di Mel Gibson |
Il film di Gibson:
The Passion of the Christ |
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di
Christian Rocca New York. Otto mesi fa Mel Gibson aveva offerto a monsignor Lorenzo Albacete di vedere in anteprima "The Passion of the Christ" per avere un giudizio e una previsione da un esponente cattolico ispanico (Albacete è americano, ma di origine portoricana) su come il suo film sarebbe stato accolto nella comunità cattolica dei latinos. Albacete declinò l'invito fiutando la trappola, non di Gibson, ma delle polemiche che sarebbero seguite e che ovviamente non sono mancate. "Ho resistito otto mesi e ora mi avete fregato voi del Foglio", ha detto con una battuta, come spesso gli capita, lo studioso di teologia che il Weekly Standard ha definito "un Erasmo da Rotterdam rivisitato da Rabelais". Albacete è il maggior esperto americano degli studi e del pensiero di don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione. In Italia scrive regolarmente per la rivista Tempi diretta da Luigi Amicone, in America è spesso ospite dei talk show sui temi religiosi e di tanto in tanto pubblica sul New Yorker e sul magazine del New York Times. A causa della trappola tesagli dal Foglio, con cui Albacete ha visto l'anteprima di "The Passion", ora è molto probabile che lo studioso cattolico accetti l'invito a scrivere un commento per il settimanale neoliberal The New Republic, cioè il giornale che l'anno scorso, dopo aver trafugato una copia della sceneggiatura, fu il primo ad accusare di antisemitismo l'operazione di Gibson. Pare che Giovanni Paolo II, dopo aver visto il film, abbia detto che "è andata proprio così", quasi a voler dare un imprimatur sulla fedeltà del film alle Scritture (la frase è stata in seguito smentita dal segretario del Papa, monsignor Stanislaw Dziwisz). Albacete prima scherza ("Non lo so, ero fuori città") poi spiega che "The Passion" "è certamente fedele ai vangeli, ed è un bene che ancora oggi, nel 2004, si parli di Gesù, di questo uomo straordinario, di una storia religiosa che ispira compassione e amore", anche se teme che il gran dibattito aperto da questo film "svanirà in un paio di mesi". Secondo Albacete, il film "è un capolavoro dal punto di vista cinematografico, un capolavoro di regia, di interpretazione, di fotografia. Ma, in questi casi, nel caso di questa storia di duemila anni fa, vale il principio opposto: più è raccontata bene più diventa pericolosa. Il pericolo non è l'antisemitismo, ammesso che ci sia. Il pericolo è la storia in sé. Aver esposto le ferite che esistono tra ebraismo e cattolicesimo, e che esistono molto più che tra altre confessioni, può essere un bene per i credenti di entrambe le parti, ma solo se l'obiettivo è guarirle, darvi una risposta. San Paolo era tormentato da questo problema, ma lui stesso non è riuscito a risolverlo". Sembra che Gibson, invece, abbia semplicemente voluto "sottolinearle" le ferite, mostrarle senza esprimere dubbi, senza raccontare le sfumature, limitandosi a riportare quanto c'è scritto nella Bibbia. Albacete non crede che il film sia antisemita e nega che le intenzioni di Gibson siano di questo tipo. Lo esclude e ricorda come l'unico personaggio che nel film viene apostrofato da un soldato romano con l'appellativo di "ebreo" è Simone il Cireneo, il solo che aiuta Gesù a portare la croce. "Eppure dice Albacete se io fossi ebreo sarei preoccupato, nonostante a leggere i nomi degli attori nei titoli di coda sembra che non siano stati gli ebrei a uccidere Gesù ma voi italiani". Un libretto per i fedeli
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Film: «Il film di Gibson: The Passion of the Christ."The Passion è un capolavoro ma se fossi ebrei sarei preoccupato". Intervista a monsignor Lorenzo Albacete» Christian Rocca, Il Foglio 25.02.2004 |