Televisione

 

Schermo patrio
 

 
di Doninelli Luca


Quando sento usare l’espressione «teatrino della politica», subito penso a “Porta a porta”, e il motivo è chiaro. La parola “teatrino” evoca, a sua volta, il teatro delle marionette e la commedia dell’arte, che sono due generi molto italiani. Fare il teatrino della politica in tv, però, non è un gioco innocente. La ragione è che la politica non può andare paro paro in tv, perché la tv è una comunità politica diversa rispetto alla società. Una comunità con leggi diverse, con una diversa produzione del consenso e un diverso sistema di controllo. Se posso dire la mia: c’è più democrazia in tv che nella nostra consuetudine politica.

Cosa sia una comunità separata, lo si può facilmente capire pensando a uno stadio di calcio gremito di ottantamila spettatori. è la popolazione di una città. Tra questi ottantamila, ci sono uomini e donne, adulti e giovani, vecchi, brave persone, gente così così e delinquenti: il tutto distribuito però in modo diverso e con percentuali diverse rispetto alla società. E soprattutto non ci sono, per quelle due ore, i servizi che troviamo in una città: dalla sicurezza alle infrastrutture. Perciò diciamo che uno stadio è un corpo sociale diverso da una città. Così la presenza sempre più massiccia della politica in tv fa pensare alla tv (e alla sua diversità, alla sua separatezza) come l’ultimo Pronto Soccorso, l’ultimo strumento per salvare la politica di un paese che, finito per sempre l’equivoco della Resistenza, non sa più rintracciare il proprio fondamento. Forse per questo Dante ottiene, con Benigni e Sermonti, un successo mediatico così strepitoso. La Patria è, dunque, in tv. Per questo mi sento un allocco a scrivere romanzi.

La tv bisogna fare, entrando con la decisione propria dei fatti nella sua democrazia barbara ma vera.
 
 

Televisione: «Schermo patrio»  di Doninelli Luca, Tempi, Numero: 12 - 19 Marzo 2004

 

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