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di Antonio
Socci
Certi
ecumenisti che amano il fatuo supermarket delle religioni
stavolta sono stati bloccati in anticipo dal Papa in persona
che nell'Angelus di domenica ha avvertito: "La
Giornata di preghiera per la pace non intende in alcun modo
indulgere al sincretismo religioso".
Anzi pare l'opposto. Non a caso il Papa ha esordito
ricordando "il tragico attentato dell'11 settembre
scorso" e, indicando "il rischio di nuovi
conflitti", ha aggiunto che "di
fronte alla violenza" diffusa si avverte il bisogno di
"sconfessare e isolare quanti strumentalizzano il nome
di Dio per scopi o con metodi che in realtà lo
offendono".
Si
direbbe che quello di Assisi sia quasi un evento di tipo
"illuministico" che
punta il dito sulla carica di violenza da sempre insita
nelle religioni (e nelle diverse civiltà) come ha
dimostrato nei suoi libri René
Girard.
Il cardinal
Ratzinger
più volte ha sviluppato l'idea che il cristianesimo sia
entrato nel mondo come il vero "illuminismo" che
dissolve le nebbie della superstizione e la pretesa divina
del potere e della violenza.
Alla Sorbona il 27 novembre 1999 spiegò perché il
cristianesimo significò "la vittoria della
demitologizzazione".
Non a caso nella Roma antica fu accusato di
"ateismo", perché "non voleva essere una
religione fra le altre, ma la vittoria dell'intelligenza sul
mondo delle religioni". La negazione cioè della
pretesa divina di ogni Stato, di ogni
potere e di ogni carnefice. Clamoroso dunque risulta
il patto a cui sono state invitate ad Assisi le religioni. Nell'attuale
situazione politica del mondo è un evento epico togliere ogni
legittimazione teologica a qualunque forma di
terrorismo o di violenza
(e alle tante persecuzioni religiose di cui molti cristiani
sono vittime). Ed è straordinario che almeno qualche
rappresentante di religioni come l'Islam sottoscriva
"l'effettivo riconoscimento dei diritti umani"
come "condizione indispensabile per una pace autentica
e duratura". Naturalmente la Chiesa si è mossa verso
Assisi col suo metodo che non è quello dello scontro o
della sfida, ma "dell'amore cristiano, del rispetto e
della fraternità con gli altri" (Ruini). Così la
giornata di Assisi si concluderà con una solenne promessa
di pace da parte di ciascun rappresentante delle diverse
religioni.
A
qualche
superficiale potrà sembrare strano
che a volere questo incontro ecumenico sia lo stesso Papa
che ha fatto pubblicare la "Dominus
Iesus".
Perché quel documento sconfessa il "relativismo"
di quei teologi per i quali la rivelazione di Gesù Cristo
avrebbe carattere "limitato, incompleto e
imperfetto" e "sarebbe complementare a quella
presente nelle altre religioni". La "Dominus Iesus"
inoltre ricorda che per i cristiani Gesù Cristo è l'unico
e definitivo
salvatore ed è "la chiave, il centro e il fine di
tutta la storia umana". E ripete che vanno considerati
"testi ispirati" solo i libri canonici dell'Antico
e Nuovo Testamento
(la fede della Chiesa si concepisce
in continuità con quella di Israele)
ribadendo "fermamente" la differenza tra "la
fede teologale e la credenza nelle altre religioni".
Tuttavia il documento ripete - in linea con il Concilio e la
tradizione - che "la
Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in
queste religioni" che "non raramente riflettono un
raggio di quella verità che illumina tutti gli
uomini". E'
dunque con stima e simpatia che cerca con esse il dialogo
per far emergere la grandezza
di
ogni sensibilità religiosa e purificarla dall'umana
violenza. Non perché i cristiani ne siano diventati immuni.
Al contrario, proprio perché se ne ritengono i primi
portatori e il Figlio di Dio crocifisso, vittima definitiva
della storia umana, giudica per prima la violenza dei
cristiani. Infatti il
Papa ha voluto il solenne "mea culpa" del grande
Giubileo del 2000 per
confessare pubblicamente davanti al crocifisso tutte le
violenze perpetrate dai cristiani in due millenni, talora
perfino in nome di Cristo.
La
Chiesa che chiama le altre religioni ad Assisi
a
delegittimare la violenza religiosa non è fatta di
cristiani che impartiscono lezioni dall'alto, ma da uomini
che stanno prostrati a terra "come il figliol
prodigo", umiliati come Pietro dopo il tradimento,
che per primi confessano la propria colpevolezza ai piedi
dell'agnello di Dio, il cui sacrificio innalza ed esalta
tutte le vittime della sanguinaria storia umana.
C'è
chi ha notato la corrispondenza dei gesti e delle parole del
Papa con gli appelli della Madonna di Medjugorje le
cui apparizioni non sono state ancora riconosciute dalla
Chiesa (anche perché sarebbero tuttora in corso). Nessuno
può stabilire un nesso sicuro. Ma certo la giornata di
"digiuno
e preghiera per la pace"
voluta dal Papa nel dicembre scorso sembra ricalcare proprio
ciò che chiedono da vent'anni i messaggi di Medjugorje. E
qualcuno ha notato anche altre corrispondenze dopo 1'11
settembre. Ecco il
messaggio di Medjugorje del 25 settembre:
"Cari
figli oggi vi invito alla preghiera, particolarmente oggi
quando Satana vuole la guerra e l'odio. Io vi invito di
nuovo, figlioli: pregate e digiunate affinché Dio vi dia la
pace! E non abbiate paura perché chi prega non ha paura del
male e non ha l'odio nel cuore". Molto
simili le parole usate dal Papa nell'Angelus del successivo
30 ottobre e in quello di domenica scorsa. E in entrambi si
è rivolto a Maria
col titolo di "Regina
della pace"
come lei si definisce a Medjugorje. Del resto è il Papa
polacco, il Papa del "Totus
tuus".
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