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di Jerry
Mahon
La
tragedia dell’11 settembre ha fatto sì che comunità
sparse per tutta l’America si riunissero per cantare,
pregare e desiderare profondamente un’unità che
riflettesse un genuino patriottismo. Recentemente, alcune
persone della mia parrocchia di Rochester Minnesota, che
hanno del talento, hanno organizzato una serata di canti
patriottici e musica con l’aiuto di molti, per raccogliere
fondi per le famiglie dei vigili del fuoco e dei poliziotti
che hanno perso la vita nella tragedia di New York. È stato
un radunarsi intenso, con giuste intenzioni e desideri. Ciò
nonostante, questo ha fatto sorgere in me delle domande
riguardo a chi sia questo dio cui ci si rivolge. Noi
americani ci alziamo in piedi per cantare «Dio benedica
l’America» e allo stesso modo dichiariamo: «Promessa
solenne di fedeltà alla bandiera degli Stati Uniti
d’America e alla Repubblica da essa rappresentata, una
nazione sottomessa a Dio, indivisibile, con libertà e
giustizia per tutti». Tutti i giorni Osama bin Laden prega
per due ore prima di iniziare le sue attività giornaliere.
E chi è il suo dio?
Nel
mio cuore riecheggia la domanda posta da don Giussani ai
suoi giovani studenti, presa dal dramma teatrale posto in
scena a Milano Il diavolo e il buon Dio di
Jean-Paul
Sartre. Giussani chiese ai suoi studenti se il dio
rappresentato nell’opera non fosse magari il “loro”
dio. Ciò che urge gli americani adesso è chiedersi quale
Dio seguono. Molti dei padri fondatori dell’America erano
considerati deisti; riconoscevano Dio come Creatore, ma
giungevano alla conclusione che Dio non è coinvolto nelle
azioni attuali e nell’esistenza di una nazione. Thomas
Jefferson, secondo presidente degli Stati Uniti e autore
della Dichiarazione d’Indipendenza, scrisse: «Riteniamo
queste verità come auto-evidenti: che tutti gli uomini sono
creati uguali, che sono dotati dal loro Creatore di certi
diritti inalienabili, e che tra questi ci sono la vita, la
libertà e il perseguimento della felicità».
Lo
stesso Jefferson scrisse una sua versione della Bibbia. Dopo
aver eliminato tutto l’Antico Testamento e le lettere di
Paolo, modificò il Vangelo, così che non includesse più i
racconti dei miracoli, ma un Cristo che fosse un buon
modello di moralismo. Questa Bibbia è tuttora pubblicata e
considerata lodevole dalla tradizione degli unitari. Quanta
influenza ha avuto sugli Stati Uniti d’America questo
approccio a Dio? Nella Bibbia di
Jefferson non c’è
metafisica, non ci sono miracoli, non c’è mistero. I
nostri padri crearono un’ideologia, nella quale furono
allevati i cuori e le menti delle persone, in nome della
libertà. Oggi ci poniamo domande su questa libertà; non
voglio essere semplicistico, ma dobbiamo chiederci: chi è
questo Dio a cui chiediamo di benedire l’America?
Secondo
i nostri padri fondatori deisti Dio non è diventato carne.
Mentre continua a esserci molto orgoglio per noi nella
separazione tra Stato e Chiesa, come popolo degli Stati
Uniti abbiamo l’occasione di meditare e di lasciarci
sfidare dal modo di seguire Cristo. Chiaramente, noi
cattolici, insieme ad altri che seguono Cristo, dobbiamo
chiederci quanto siamo diventati insensibili di fronte alla
lunga linea di persone che parlano e scrivono Bibbie
riguardo a un Dio che non è diventato carne.
Immediatamente
dopo l’11 settembre, e in questi giorni, la mia preghiera
e implorazione è che l’America possa essere vulnerabile.
Se fossimo capaci di seguire un Dio diventato carne in Gesù
Cristo, riconosceremmo più profondamente certi sbagli e
permetteremmo che questo momento ci toccasse più
profondamente, in misericordia e compassione di fronte alle
nostre azioni. Non intendo con questo mettere in discussione
la nostra difesa e la necessità che i leader delle nazioni
si riuniscano per affrontare l’oscurità di questi giorni.
A
me sembra che l’America sia troppo veloce nel seguire la
via del fariseo, che dal suo posto recitava questa preghiera
rivolta a sé stesso: «O Dio, ti ringrazio che non sono
come il resto dell’umanità, avido, disonesto, adultero, né
come questo esattore delle tasse».
Come
cambierebbero le cose per la nazione più potente del mondo,
provata in questo momento dall’atroce sofferenza dell’11
settembre, se come l’esattore delle tasse dicesse: «O
Dio, abbi pietà di me peccatore»! Dio benedica l’America
e tutta la nostra fragilità, i nostri sbagli, le nostre
ferite, il nostro desiderio di un mondo in pace, nel
riconoscimento che siamo responsabili di parte del dolore
che ci raggiunge in questo momento.
L’editoriale
di Tracce «America» è stato un dono per
riflettere, perché ha spinto ciascuno di noi a chiedersi:
«Chi è questo Dio? Qual è la nostra difesa di fronte al
male?». Se rispondiamo che dalla nostra parte è un Dio
senza mistero, miracoli e metafisica, mettiamo il mondo in
una posizione pericolosa.
Amo
la nostra nazione e il rinnovato senso di patriottismo ha
molti aspetti positivi, ma deve immediatamente andare più a
fondo. Corriamo il rischio di essere come il fariseo che
dice: «Digiuno due volte alla settimana, pago la decima del
mio guadagno». Noi americani abbiamo preso l’abitudine di
giustificare il nostro comportamento e le nostre posizioni
con la proclamazione di quanto buoni siamo.
Dio
misericordioso, gli Stati Uniti d’America stanno
attraversando una sofferenza e un senso di perdita che sta
paralizzando e toccando tutti noi. Ti imploriamo che la
nostra umanità si lasci toccare da Te. Che la nostra
risposta sia secondo la posizione dell’esattore delle
tasse, perché noi crediamo che la giustizia di Dio accoglie
gli ingiusti e i senza Dio ed è severa con chi adempie gli
obblighi ed è “rispettabile”. La parabola ci incita a
una preghiera di amore e di fiducia nella misericordia di
Dio e ci libera dal bisogno di dire a Dio chi è peccatore e
chi no.
Nella
terra della libertà desideriamo onorare il “nobile
tentativo” di ciascuno nel suo rapporto con Dio. Ma noi
cattolici, e tutti i cristiani, sappiamo cosa è accaduto!
Dio è diventato carne in Gesù Cristo.
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