GALATRO: LE TERME DI S. ELIA
Contributo
su la storia de "Le Terme di S.Elia di Galatro"
...VANTO GALATRO ALLOR SARÀ DITALIA... |
a cura di Umberto Di Stilo
Negli
ultimi anni diverse migliaia di turisti (o "curisti"
come, con discutibile proprietà di linguaggio, vengono definite
le persone che giungono nel centro termale esclusivamente per
motivi terapeutici) hanno raggiunto Galatro. Ma quello registrato
fino ad oggi è stato un turismo pendolare. Gente che arriva alle
terme in macchina e che, effettuata la cura, rientra al paese
dorigine.
Perché tutta
leconomia galatrese possa trarre beneficio dalla presenza
dello stabilimento termale è necessario creare quel minimo di
strutture che invogliano il forestiero a rimanere in loco. Ciò
significa che alle strutture ricettive pubbliche i cittadini,
trasformandosi in imprenditori turistici dovranno saper abbinare
quelle private. E' necessario dar vita ad iniziative finalizzate
a trattenere in paese i forestieri, ma è soprattutto necessario
creare nei galatresi quella mentalità turistica che in ogni
forestiero non fa vedere il pollo da spennare, ma la possibile
fonte di un onesto e sicuro guadagno. Solo così il termalismo
potrà decollare e, in un giorno che ormai non dovrebbe essere
più tanto lontano, per Galatro si potrà concretizzare la
previsione che, nellagosto del 1911, il vescovo di
Mileto mons. Giuseppe Morabito, venendo quotidianamente alle
terme galatresi per sottoporsi alla balneoterapia contro una
accentuata forma reumatica, ha formulato nei seguenti versi:
«Tempo
verrà che a schiere numerose verranno i pellegrini a Galatro ridente ed ansiose di questa valle aglincanti divini |
e a
le sorgenti chiederan la quiete e la salute: vanto Galatro allor sarà dItalia e liete rinforzeran queste montagne il canto!» |
Il componimento si apriva con un invito assai preciso:
«O infermi, che chiedete a calde fonti |
Qualche verso più oltre, il dotto prelato nellesaminare la
qualità delle acque, affermava:
E' innegabile, infatti, che le caratteristiche chimiche ed
organolettiche delle acque che da secoli, abbondanti, sgorgano
nella valle del Fermano, nella terapia delle malattie reumatiche,
da sempre hanno effetti così benèfici e salutari da indurre i
pazienti a ritenerle miracolose. Per questo, nei periodi estivi
ed autunnali, Galatro è pacificamente presa dassalto da
migliaia di persone che nelle locali acque sulfuree-salso-jodiche
trovano rimedio ai loro dolori ed ai loro malanni.
Edificato sulle rive del Metramo in una amena e lussureggiante
valle, Galatro è uno dei più antichi centri
dellentroterra della Piana di Gioia Tauro.
Dalla sua ricca toponomastica, oltre che da altri elementi che
per motivi di spazio tralasciamo di enumerare in questa sede, la
sua origine, sia pure a livello di un semplice «casale», è
sicuramente ascrivibile al periodo magnogreco.
Il nome di Galatro e quello delle sue terme «S. Elia», da
sempre, formano un tuttuno inscindibile per cui parlare (o
scrivere) di Galatro senza ricordare le sue acque termali o,
viceversa, scrivere della antichissime Terme senza fare precisi
riferimenti alla secolare storia di Galatro, sarebbe
imperdonabilmente lacunoso.
Ciò perché la stessa storia economica e sociale del paese è
legata alle fonti sulfuree che da sempre sgorgano dalle rocce del
monte Livia, lungo la tortuosa e pittoresca valle del Fermano.
Però, alcuni
rinvenimenti archeologici che nel giugno del 1961, insieme a due
operai, noi personalmente abbiamo fatto nelle vicinanze
dellattuale stabilimento termale (1), ci consentono di
affermare - senza ombra di dubbio - che lintera zona era
già conosciuta molti secoli prima dellarrivo dei
basiliani, addirittura nel VI - V secolo avanti Cristo. Pertanto
non è improbabile che i vicini abitanti di Medma e di Hipponion
abbiano fatto uso delle acque galatresi, inizialmente usate oltre
che nella terapia dei dolori reumatici, anche e soprattutto nelle
malattie della pelle (scabbia, in particolare).
Il primo a darci una testimonianza scritta sulle acque sulfuree
di Galatro fu il Barrio nel 1500.
Dallepoca del «De antiquitate et situ Calabriae» in
poi, diversi sono stati gli storici che hanno trattato, sia pure
senza approfondirlo, largomento, mentre nelle varie corti
del Regno, frequentate dai feudatari di Galatro, si discuteva in
termini miracolistici delle acque «calde» galatresi. In
particolare si è sempre sostenuto che bastava immergersi per
pochi minuti e per alcuni giorni in quelle acque perché ogni
ammalato dovesse «appendere le stampelle agli alberi» del
bosco di elci che da sempre, rigoglioso, cresce sulle pendici
delle colline che fiancheggiano il Fermano. E' proprio nei pressi
di questo ruscello che, in più punti, dalle capillari fenditure
della roccia granitica, scaturisce, ad una temperatura che varia
tra i 36 ed i 41 gradi, quellacqua «sulfurea-salso-jodica»
che rappresenta la grande ricchezza di Galatro e che, come
cantava mons. Morabito,
«aglinfiacchiti ridona il vigore, a moribondi ridona la vita!» |
In una lettera che nel 1798 il dottore Raffaele Ruffo
inoltrò alle autorità sanitarie del Regno, scrisse - tra
l'a1tro - che lacqua di Galatro "è di sommo
giovamento si per uso interno che per bagni, agendo come
correttivo dei vizi della pelle, soprattutto della psora e come
anti emorroidaria. Corregge e rinfresca gli umori eliminando la
parte acrimoniosa deleteria del sangue verso la pelle, colla
comparsa di talune pustolette psoriche (
). Per bagno
elimina la parte morbosa in modo che gli ammalati tra pochi
giorni si osservano da moribondi perfettamente guariti."
Riferendo, poi, della sorgente di acqua «ferrata» lo
stesso dottor Ruffo scrive che se bevuta «giova nella
debolezza uterina, nelle ostruzioni del fegato, milza e
mesenterio, nonché nelle debolezze di stomaco.»
Il 23 marzo 1841 il barone avvocato Antonio Morfea Sergio in
una relazione sulle acque "S. Elia" inviata all'ex
intendente Roberto Betti che l'aveva sollecitata, dopo essersi
minuziosamente dilungato sulle qualità delle acque, nel
descrivere la tranquillità della valle, meta di numerosi "pellegrini"
in cerca dei «benefizi dellacqua salutare», sostiene
che «presso questi luoghi esiste un muro alto palmi 6 ed 8
lungo e corre voce nel volgo che fosse stato colà un palazzo
delle Fate; ma mi credo che tal tradizione abbia origine
nellesser quel muro reliquia di antichissimo tempietto alle
Naiadi dicato; o meglio di antiche terme che per i meravigliosi
effetti di quellacqua furon dette delle Fate».
Proprio perché gli effetti dellacqua sono stati sempre
«miracolosi», si vollero conoscere i minerali che
conteneva ed a quali di essi si doveva attribuire
lefficacia curativa.
Il primo ad avviare in modo serio questo tipo di studio fu il
sindaco Alfonso De Felice che nel 1869 incaricò il farmacista
reggino prof. Francesco Basile di effettuare le analisi chimiche
sui campioni di acqua prelevati presso le varie sorgenti di
contrada Fermano.
La «bontà» delle acque aveva varcato i confini
regionali, tantè vero che sin dal 1860 ling. Luigi
De Negri di Milano cominciò ad interessarsi alle fonti «S.
Elia» al punto che intendendo «edificare uno stabilimento
termominerale» chiese ed ottenne (con deliberazione del
22.9.1862) dal comune lautorizzazione a costruirlo, sia
pure a determinate condizioni.
Lingegnere milanese, però, per grave malattia non poté
trasferirsi in Calabria, e liniziativa sfumò.
Bisogna arrivare agli ultimi decenni dell' '800 prima che le
varie progettazioni possano concretizzarsi in un fabbricato con
18 vasche per la balneoterapia.
Fino al 1891, infatti, i pazienti erano costretti a «bagnarsi»
in delle gore naturali, in prossimità delle sorgenti, o in rozzi
tini di legno sistemati alla meglio sul greto del fiume e
protetti dagli occhi dei curiosi mediante deboli ed incerte
pareti costruite con canne e frasche di elci.
La realizzazione del fabbricato è legata al nome dellavv.
Giovambattista Buda che con vero spirito imprenditoriale diede a
Galatro una struttura sociale di primaria importanza riuscendo a
richiamare nella valle del Fermano migliaia di infermi
allanno.
Successivamente (per motivi che sarebbe lungo elencare) la
proprietà passò prima a Francesco Ferraro ed al nipote Curinga
Carmelo Domenico e poi a questultimo in società con la
sorellastra Locoteta Maria Concetta che nel 1960 gli cedette la
propria metà. Si giunge, così, ai nostri giorni allorché prima
la morte del Curinga e poi gli ingenti danni provocati
dallalluvione del dicembre 1972-gennaio 1973, decretavano
la chiusura dello stabilimento termale.
Lamministrazione comunale, a questo punto, per non lasciare
abbandonato un simile inestimabile tesoro, a conclusione di una
lunga pratica burocratica, otteneva la concessione delle acque ed
in data 20.8.1979, dopo aver perfezionato lacquisto
dellimmobile con gli eredi Curìnga, prendeva ufficialmente
possesso dello stabilimento termominerale «S. Elia».
Così, dopo circa un secolo di varie vicissitudini umane, di
passaggi di proprietà e di cambi di gestione (a volte forzati),
lanello si chiudeva e lo stabilimento termobalneare di
Galatro tornava ad essere di proprietà del comune.
Ed in attesa che si potesse realizzare il nuovo e già progettato
complesso termale, il 12 luglio del 1981, in un pomeriggio di
grande festa per la comunità galatrese, il
sindaco Bruno Marazzita con a fianco tutti i componenti la sua amministrazione,
riapriva ufficialmente al pubblico lo stabilimento termale che
per secoli era stato preciso punto di riferimento per la cura
delle malattie reumatiche e che adesso, oltre che ammodernato
nella struttura, si presentava anche arricchito dei reparti di
aerosolterapia.
Negli anni successivi, nel quadro dei lavori finalizzati
allarricchimento dei servizi ed al totale sfruttamento
terapeutico delle acque delle «fonti S. Elìa», la
stessa amministrazione comunale ha dotato le terme di ulteriori
moderni reparti nei quali medici e specialisti dei vari settori
intervengono per la prevenzione e la cura delle malattie
dellapparato respiratorio, di quelle di orecchio, naso e
gola, di quelle della sfera ginecologica e, non ultimo, di quelle
che interessano la dermatologia e la fisioterapia.
Questo galatrese, insomma, è un complesso termale che ha tutte
le carte in regola per aspirare a diventare un centro di
prevenzione e cura allavanguardia, un preciso punto di
riferimento per il moderno termalismo dì massa.
Perché questa naturale propensione di Galatro possa
concretizzarsi al più presto e, quindi, «capitalizzarsi» in
una solida economia turistica per lintera comunità della
Valle del Metramo, è necessario però che vengano ultimati al
più presto i lavori della moderna struttura termale e che tutti
i galatresi contribuiscano allo sviluppo del termalismo.
Se, infatti, si lasceranno sfuggire questa occasione anche il
loro paese, come tutti i paesi interni, oltre che nel più
completo anonimato, sarà destinato a vivere di una economia
quanto mai asfìttica ed incerta. (2)
N O T E
(1) | Durante
i lavori di sgombero di una notevole quantità di
terriccio che, in seguito alla caduta di una frana, si
era ammassato sulla strada, venne alla luce una tomba,
con le pareti ed il coperchio realizzati con spesse
lastre di terracotta, la cui costruzione gli esperti
fecero risalire attorno al VI secolo avanti Cristo.
Allinterno, sommersi dalla fanghiglia, oltre alle
poche tracce di uno scheletro umano, abbiamo rinvenuto
alcuni vasi lacrimali, arredi funerari, ed una statuina
in terracotta. Altre due (di uguali, piccole, dimensioni
ed anchesse interessanti per la fattura artistica)
sono state rinvenute acefale. Tutto il materiale
archeologico, in attesa che fosse denunciato e consegnato
alla competente Sovrintendenza, per qualche settimana, è
stato conservato nella scrivania dellufficio di
Direzione delle Terme. Qui restò fino a quando un
«bagnino», cedendo alle offerte di un privato
collezionista, nottetempo, provvide a trafugare tutto in
cambio di un fiasco di vino greco. Gli interessanti reperti archeologici, nel periodo in cui sono stati «esposti» nella Direzione delle Terme, sono stati ammirati anche dal prof. Salvatore Settis, noto studioso originario di Rosarno, che quellestate, in macchina, accompagnava la Mamma alle terme galatresi perché si sottoponesse alla balneoterapia. Successivamente il prof. Settis, in un suo studio, ha dato importante ed autorevole testimonianza del ritrovamento archeologico e dei reperti di cui casualmente aveva preso visione a Galatro. (Vedi Klearcos, XIV, 1972, pag. 53).
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(2) | Questo scritto è stato pubblicato sul trimestrale di economia e cultura "Banca popolare Cooperativa di Palmi", 1/94 (novembre gennaio). |