GALATRO: LE TERME DI S. ELIA


Contributo su la storia de "Le Terme di S.Elia di Galatro"

 

...VANTO GALATRO ALLOR

 SARÀ D’ITALIA...

 

a cura di Umberto Di Stilo

 

 

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Galatro, paese di antiche origini, guarda con fiducia al decollo del suo termalismo ben sapendo che esso può rappresentare una vera àncora di salvezza per l’asfittica economia locale e che un moderno e ben organizzato turismo termale può avere immancabili positive ripercussioni per il progresso sociale dell’intero circondario.

Il centro della Piana, dal caratteristico tessuto urbano «a pettine» ha, infatti, tutte le prerogative naturali e paesaggistiche per diventare un ricercato luogo di cura e di riposo senza dover invidiare alcunché a quelle grandi stazioni termali che, in Italia, vanno per la maggiore.

 

Lindo ed accogliente, il paese, con le case addossate le une alle altre quasi per vicendevole protezione e con il bianco calvario che svetta in cima alla collina, guarda con fiducia alle sue assai salutari acque calde che ricche di sali minerali da secoli sgorgano dalle granitiche falde del monte Livia nella stretta gola del Fermano.

Perché il decollo turistico possa concretizzarsi, però, si aspetta l’apertura del nuovo palazzo delle Terme, ideato e voluto dall’amministrazione Marazzita e ritenuto necessario per dotare il paese di una struttura ricettiva moderna e funzionale e, comunque, in grado di soddisfare le esigenze di quanti alle cure fisiche vogliono abbinare anche le mondane distrazioni. Il termalismo, in fondo, mira soprattutto a questo.

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Negli ultimi anni diverse migliaia di turisti (o "curisti" come, con discutibile proprietà di linguaggio, vengono definite le persone che giungono nel centro termale esclusivamente per motivi terapeutici) hanno raggiunto Galatro. Ma quello registrato fino ad oggi è stato un turismo pendolare. Gente che arriva alle terme in macchina e che, effettuata la cura, rientra al paese d’origine.


Perché tutta l’economia galatrese possa trarre beneficio dalla presenza dello stabilimento termale è necessario creare quel minimo di strutture che invogliano il forestiero a rimanere in loco. Ciò significa che alle strutture ricettive pubbliche i cittadini, trasformandosi in imprenditori turistici dovranno saper abbinare quelle private. E' necessario dar vita ad iniziative finalizzate a trattenere in paese i forestieri, ma è soprattutto necessario creare nei galatresi quella mentalità turistica che in ogni forestiero non fa vedere il pollo da spennare, ma la possibile fonte di un onesto e sicuro guadagno. Solo così il termalismo potrà decollare e, in un giorno che ormai non dovrebbe essere più tanto lontano, per Galatro si potrà concretizzare la previsione che, nell’agosto del 1911, il vescovo di Mileto mons. Giuseppe Morabito, venendo quotidianamente alle terme galatresi per sottoporsi alla balneoterapia contro una accentuata forma reumatica, ha formulato nei seguenti versi:

«Tempo verrà che a schiere numerose
verranno i pellegrini
a Galatro ridente ed ansiose
di questa valle agl’incanti divini
 
e a le sorgenti chiederan la quiete
e la salute: vanto
Galatro allor sarà d’Italia e liete
rinforzeran queste montagne il canto!»


Il componimento si apriva con un invito assai preciso:

«O infermi, che chiedete a calde fonti
salute e vigoria,
venite qui in Calabria a questi monti;
qui sana il corpo e l’anima s’indìa.»


Qualche verso più oltre, il dotto prelato nell’esaminare la qualità delle acque, affermava:

 

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di zolfo olente, viva
qui si vede sgorgar silenziosa
da le rocce perenne una sorgiva,

una sorgiva calda ed incolore
che al lavacro v’invita
e agl’infiacchiti ridona il vigore,
a’ moribondi ridona la vita!»


E' innegabile, infatti, che le caratteristiche chimiche ed organolettiche delle acque che da secoli, abbondanti, sgorgano nella valle del Fermano, nella terapia delle malattie reumatiche, da sempre hanno effetti così benèfici e salutari da indurre i pazienti a ritenerle miracolose. Per questo, nei periodi estivi ed autunnali, Galatro è pacificamente presa d’assalto da migliaia di persone che nelle locali acque sulfuree-salso-jodiche trovano rimedio ai loro dolori ed ai loro malanni.

Edificato sulle rive del Metramo in una amena e lussureggiante valle, Galatro è uno dei più antichi centri dell’entroterra della Piana di Gioia Tauro.

Dalla sua ricca toponomastica, oltre che da altri elementi che per motivi di spazio tralasciamo di enumerare in questa sede, la sua origine, sia pure a livello di un semplice «casale», è sicuramente ascrivibile al periodo magnogreco.

Il nome di Galatro e quello delle sue terme «S. Elia», da sempre, formano un tutt’uno inscindibile per cui parlare (o scrivere) di Galatro senza ricordare le sue acque termali o, viceversa, scrivere della antichissime Terme senza fare precisi riferimenti alla secolare storia di Galatro, sarebbe imperdonabilmente lacunoso.

Ciò perché la stessa storia economica e sociale del paese è legata alle fonti sulfuree che da sempre sgorgano dalle rocce del monte Livia, lungo la tortuosa e pittoresca valle del Fermano.

A scoprire le qualità terapeutiche delle acque galatresi si vuole siano stati quei monaci basiliani che in seguito alle scorrerie saracene del 915 - e nel corso delle quali il loro cenobio di Taureana venne completamente distrutto - cercarono rifugio sulle montagne di Galatro ove, successivamente, edificarono un nuovo convento dedicato a S. Elia nome che, poi, attribuirono anche alle acque delle quali essi stessi ne diffusero l’uso. Click qui per ingrandire l'immagine


Però, alcuni rinvenimenti archeologici che nel giugno del 1961, insieme a due operai, noi personalmente abbiamo fatto nelle vicinanze dell’attuale stabilimento termale (1), ci consentono di affermare - senza ombra di dubbio - che l’intera zona era già conosciuta molti secoli prima dell’arrivo dei basiliani, addirittura nel VI - V secolo avanti Cristo. Pertanto non è improbabile che i vicini abitanti di Medma e di Hipponion abbiano fatto uso delle acque galatresi, inizialmente usate oltre che nella terapia dei dolori reumatici, anche e soprattutto nelle malattie della pelle (scabbia, in particolare).


Il primo a darci una testimonianza scritta sulle acque sulfuree di Galatro fu il Barrio nel 1500.


Dall’epoca del «De antiquitate et situ Calabriae» in poi, diversi sono stati gli storici che hanno trattato, sia pure senza approfondirlo, l’argomento, mentre nelle varie corti del Regno, frequentate dai feudatari di Galatro, si discuteva in termini miracolistici delle acque «calde» galatresi. In particolare si è sempre sostenuto che bastava immergersi per pochi minuti e per alcuni giorni in quelle acque perché ogni ammalato dovesse «appendere le stampelle agli alberi» del bosco di elci che da sempre, rigoglioso, cresce sulle pendici delle colline che fiancheggiano il Fermano. E' proprio nei pressi di questo ruscello che, in più punti, dalle capillari fenditure della roccia granitica, scaturisce, ad una temperatura che varia tra i 36 ed i 41 gradi, quell’acqua «sulfurea-salso-jodica» che rappresenta la grande ricchezza di Galatro e che, come cantava mons. Morabito,

«agl’infiacchiti ridona il vigore,

a’ moribondi ridona la vita!»



In una lettera che nel 1798 il dottore Raffaele Ruffo inoltrò alle autorità sanitarie del Regno, scrisse - tra l'a1tro - che l’acqua di Galatro "è di sommo giovamento si per uso interno che per bagni, agendo come correttivo dei vizi della pelle, soprattutto della psora e come anti emorroidaria. Corregge e rinfresca gli umori eliminando la parte acrimoniosa deleteria del sangue verso la pelle, colla comparsa di talune pustolette psoriche (…). Per bagno elimina la parte morbosa in modo che gli ammalati tra pochi giorni si osservano da moribondi perfettamente guariti."


Riferendo, poi, della sorgente di acqua «ferrata» lo stesso dottor Ruffo scrive che se bevuta «giova nella debolezza uterina, nelle ostruzioni del fegato, milza e mesenterio, nonché nelle debolezze di stomaco.»


Il 23 marzo 1841 il barone avvocato Antonio Morfea Sergio in una relazione sulle acque "S. Elia" inviata all'ex intendente Roberto Betti che l'aveva sollecitata, dopo essersi minuziosamente dilungato sulle qualità delle acque, nel descrivere la tranquillità della valle, meta di numerosi "pellegrini" in cerca dei «benefizi dell’acqua salutare», sostiene che «presso questi luoghi esiste un muro alto palmi 6 ed 8 lungo e corre voce nel volgo che fosse stato colà un palazzo delle Fate; ma mi credo che tal tradizione abbia origine nell’esser quel muro reliquia di antichissimo tempietto alle Naiadi dicato; o meglio di antiche terme che per i meravigliosi effetti di quell’acqua furon dette delle Fate».


Proprio perché gli effetti dell’acqua sono stati sempre «miracolosi», si vollero conoscere i minerali che conteneva ed a quali di essi si doveva attribuire l’efficacia curativa.


Il primo ad avviare in modo serio questo tipo di studio fu il sindaco Alfonso De Felice che nel 1869 incaricò il farmacista reggino prof. Francesco Basile di effettuare le analisi chimiche sui campioni di acqua prelevati presso le varie sorgenti di contrada Fermano.


La «bontà» delle acque aveva varcato i confini regionali, tant’è vero che sin dal 1860 l’ing. Luigi De Negri di Milano cominciò ad interessarsi alle fonti «S. Elia» al punto che intendendo «edificare uno stabilimento termominerale» chiese ed ottenne (con deliberazione del 22.9.1862) dal comune l’autorizzazione a costruirlo, sia pure a determinate condizioni.


L’ingegnere milanese, però, per grave malattia non poté trasferirsi in Calabria, e l’iniziativa sfumò.


Bisogna arrivare agli ultimi decenni dell' '800 prima che le varie progettazioni possano concretizzarsi in un fabbricato con 18 vasche per la balneoterapia.


Fino al 1891, infatti, i pazienti erano costretti a «bagnarsi» in delle gore naturali, in prossimità delle sorgenti, o in rozzi tini di legno sistemati alla meglio sul greto del fiume e protetti dagli occhi dei curiosi mediante deboli ed incerte pareti costruite con canne e frasche di elci.


La realizzazione del fabbricato è legata al nome dell’avv. Giovambattista Buda che con vero spirito imprenditoriale diede a Galatro una struttura sociale di primaria importanza riuscendo a richiamare nella valle del Fermano migliaia di infermi all’anno.


Successivamente (per motivi che sarebbe lungo elencare) la proprietà passò prima a Francesco Ferraro ed al nipote Curinga Carmelo Domenico e poi a quest’ultimo in società con la sorellastra Locoteta Maria Concetta che nel 1960 gli cedette la propria metà. Si giunge, così, ai nostri giorni allorché prima la morte del Curinga e poi gli ingenti danni provocati dall’alluvione del dicembre 1972-gennaio 1973, decretavano la chiusura dello stabilimento termale.


L’amministrazione comunale, a questo punto, per non lasciare abbandonato un simile inestimabile tesoro, a conclusione di una lunga pratica burocratica, otteneva la concessione delle acque ed in data 20.8.1979, dopo aver perfezionato l’acquisto dell’immobile con gli eredi Curìnga, prendeva ufficialmente possesso dello stabilimento termominerale «S. Elia».


Così, dopo circa un secolo di varie vicissitudini umane, di passaggi di proprietà e di cambi di gestione (a volte forzati), l’anello si chiudeva e lo stabilimento termobalneare di Galatro tornava ad essere di proprietà del comune.


Ed in attesa che si potesse realizzare il nuovo e già progettato complesso termale, il 12 luglio del 1981, in un pomeriggio di grande festa per la comunità galatrese, il
sindaco Bruno Marazzita con a fianco tutti i componenti la sua amministrazione, riapriva ufficialmente al pubblico lo stabilimento termale che per secoli era stato preciso punto di riferimento per la cura delle malattie reumatiche e che adesso, oltre che ammodernato nella struttura, si presentava anche arricchito dei reparti di aerosolterapia.


Negli anni successivi, nel quadro dei lavori finalizzati all’arricchimento dei servizi ed al totale sfruttamento terapeutico delle acque delle «fonti S. Elìa», la stessa amministrazione comunale ha dotato le terme di ulteriori moderni reparti nei quali medici e specialisti dei vari settori intervengono per la prevenzione e la cura delle malattie dell’apparato respiratorio, di quelle di orecchio, naso e gola, di quelle della sfera ginecologica e, non ultimo, di quelle che interessano la dermatologia e la fisioterapia.


Questo galatrese, insomma, è un complesso termale che ha tutte le carte in regola per aspirare a diventare un centro di prevenzione e cura all’avanguardia, un preciso punto di riferimento per il moderno termalismo dì massa.


Perché questa naturale propensione di Galatro possa concretizzarsi al più presto e, quindi, «capitalizzarsi» in una solida economia turistica per l’intera comunità della Valle del Metramo, è necessario però che vengano ultimati al più presto i lavori della moderna struttura termale e che tutti i galatresi contribuiscano allo sviluppo del termalismo.


Se, infatti, si lasceranno sfuggire questa occasione anche il loro paese, come tutti i paesi interni, oltre che nel più completo anonimato, sarà destinato a vivere di una economia quanto mai asfìttica ed incerta. (2)

 

 

N O T E

(1) Durante i lavori di sgombero di una notevole quantità di terriccio che, in seguito alla caduta di una frana, si era ammassato sulla strada, venne alla luce una tomba, con le pareti ed il coperchio realizzati con spesse lastre di terracotta, la cui costruzione gli esperti fecero risalire attorno al VI secolo avanti Cristo. All’interno, sommersi dalla fanghiglia, oltre alle poche tracce di uno scheletro umano, abbiamo rinvenuto alcuni vasi lacrimali, arredi funerari, ed una statuina in terracotta. Altre due (di uguali, piccole, dimensioni ed anch’esse interessanti per la fattura artistica) sono state rinvenute acefale. Tutto il materiale archeologico, in attesa che fosse denunciato e consegnato alla competente Sovrintendenza, per qualche settimana, è stato conservato nella scrivania dell’ufficio di Direzione delle Terme. Qui restò fino a quando un «bagnino», cedendo alle offerte di un privato collezionista, nottetempo, provvide a trafugare tutto in cambio di un fiasco di vino greco.

Gli interessanti reperti archeologici, nel periodo in cui sono stati «esposti» nella Direzione delle Terme, sono stati ammirati anche dal prof. Salvatore Settis, noto studioso originario di Rosarno, che quell’estate, in macchina, accompagnava la Mamma alle terme galatresi perché si sottoponesse alla balneoterapia.

Successivamente il prof. Settis, in un suo studio, ha dato importante ed autorevole testimonianza del ritrovamento archeologico e dei reperti di cui casualmente aveva preso visione a Galatro.

(Vedi Klearcos, XIV, 1972, pag. 53).

 

(2) Questo scritto è stato pubblicato sul trimestrale di economia e cultura "Banca popolare Cooperativa di Palmi", 1/94 (novembre gennaio).

 

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